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22 Novembre 2024 | Approfondimenti tecnici

Trasparenza retributiva nell’Unione Europea

Madre lavoratrice che aiuta la figlia a comprendere una determinata materia

L’Unione Europea, al fine di rafforzare il principio sulla parità di retribuzione tra uomini e donne, a parità di mansioni, ha pubblicato la Direttiva (UE) 2023/970.

La Direttiva mira, in particolare, a combattere la discriminazione retributiva e contribuire a colmare il divario retributivo di genere nell’Unione Europea.

In base a quanto disposto dalla Direttiva – che dovrà essere recepita dall’Italia entro il 7 giugno 2026 – le imprese, sia del settore pubblico che del settore privato, saranno tenute a fornire informazioni sulle retribuzioni e a intervenire sul divario retributivo di genere, qualora presente.

Attraverso un obbligo a rendere trasparenti le retribuzioni fornite ai propri dipendenti, si evidenzierà una maggiore conoscibilità del sistema retributivo dell’impresa. Ciò servirà, secondo le previsioni del legislatore Comunitario, a garantire la parità retributiva e ridurre, così, il divario retributivo di genere. Ciò in quanto le informazioni sulle retribuzioni possono consentire di individuare eventuali discriminazioni retributive e rendere più consapevole i lavoratori circa i propri diritti.

È proprio la mancanza di trasparenza retributiva uno dei principali ostacoli all’eliminazione del divario retributivo di genere, che, nel 2020, si attesta intorno ad una media, nei Paesi dell’Unione Europea, del 13%.

Ma quali adempimenti saranno previsti?

Le imprese con più di 250 dipendenti saranno tenute a riferire annualmente, all’autorità nazionale competente, l’eventuale divario retributivo di genere all’interno della propria organizzazione.

I datori di lavoro che hanno tra i 150 e i 249 lavoratori dipendenti avranno un obbligo comunicativo triennale a partire dal 2027. Mentre le imprese che hanno tra i 100 e i 149 lavoratori dovranno fornire le informazioni richieste dalla normativa dal 2031 e successivamente ogni tre anni informazioni.

Infine, le imprese più piccole (con meno di cento lavoratori) non avranno alcun obbligo di comunicazione e potranno, eventualmente, fornire le informazioni su base volontaria.

Per agevolare i datori di lavoro nella comunicazione delle informazioni dettagliate sul divario retributivo di genere, potranno essere utilizzate le informazioni presenti nei dati amministrativi che gli stessi comunicano attraverso dichiarazioni alle autorità fiscali o di sicurezza sociale (ad esempio: all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e all’INAIL).

L’esattezza delle informazioni dovrà essere confermata dalla dirigenza del datore di lavoro, previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, i quali avranno accesso alle metodologie applicate dal datore di lavoro per assemblare i relativi dati.

Il datore di lavoro dovrà, altresì, comunicare le informazioni a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti e trasmetterle all’Ispettorato nazionale del lavoro e all’organismo per la parità, su richiesta.

Tutti i soggetti legittimati a ricevere le informazioni hanno il diritto di chiedere all’impresa i chiarimenti riguardo ai dati forniti, comprese spiegazioni su eventuali differenze retributive di genere, La quale dovrà, entro un termine ragionevole, fornire una risposta motivata.

Se dalla comunicazione emergerà un divario retributivo superiore al 5%, non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, e qualora il datore di lavoro non riesca a correggere tale differenza entro i sei mesi successivi dalla data della comunicazione delle informazioni sulle retribuzioni, l’impresa sarà tenuta ad agire svolgendo una valutazione congiunta delle retribuzioni in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, al fine di intervenire con misure correttive per eliminare le disparità retributive e rendere effettivo il principio di parità di trattamento.

Inoltre, in base alle nuove norme, i datori di lavoro avranno l’obbligo di fornire alle persone in cerca di lavoro, informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva dei posti vacanti pubblicati, riportandole nel relativo avviso di posto vacante o comunicandole prima del colloquio di lavoro.

Ai datori di lavoro sarà, inoltre, fatto divieto di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro.

Viceversa, una volta assunti, i lavoratori avranno il diritto di chiedere al datore di lavoro informazioni riguardanti:

  • i livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore;
  • i criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Sottolineo che la Direttiva, per diventare obbligo di legge in Italia, dovrà essere recepita entro il 7 giugno 2026 dal nostro legislatore, con un atto avente forza di legge (decreto legislativo). Fino a tale momento non sussisterà alcun obbligo comunicativo nei confronti dei datori di lavoro.

Autore: Dott. Roberto Camera