Trasferimento in un paese UE durante la malattia
Nel mio ultimo intervento “Malattia sopraggiunta all’estero – Cosa fare?” ho avuto modo di affrontare la casistica del lavoratore che si ammala durante un momentaneo soggiorno all’estero (sia esso per lavoro o per vacanza). Sempre con riferimento ad un evento di malattia ed al superamento dei confini nazionali, l’INPS, con il Messaggio n. 4271 del 16 novembre 2018, interviene per approfondire quanto già in passato definito in materia di trasferimento del lavoratore in territorio UE durante lo stato di malattia; nello specifico torna sull’argomento per fornire chiarimenti in merito ai provvedimenti di autorizzazione rilasciati dall’Istituto stesso.
Più di vent’anni fa, infatti, con propria Circolare n. 192 del 7 ottobre 1996, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale aveva fornito chiarimenti in merito alle prestazioni economiche di malattia analizzando, tra gli altri, il caso in cui l’assicurato si trasferisca all’estero durante l’assenza per malattia.
In tale sede l’INPS chiariva come, nell’ipotesi di trasferimento all’estero (sia in paesi UE che extraUE) durante il periodo di assenza per malattia, il riconoscimento al lavoratore della relativa indennità sia da subordinarsi al possesso di un’apposita autorizzazione al trasferimento rilasciata, a seconda dei casi, dall’INPS o dalla ASL (all’epoca USL).
Nell’attuale contesto di libera circolazione delle persone all’interno dei Paesi UE, già prevista dal Trattato sull’Unione Europea e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, si è nel tempo sempre più rafforzata ed evoluta, con l’introduzione del concetto di cittadinanza dell’UE (Trattato di Maastricht), la creazione dello “spazio Schengen” (dagli omonimi Trattati) e la Direttiva generale 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, concepita proprio per incoraggiare i cittadini dell’Unione a circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Con il citato messaggio dello scorso novembre vengono fornite maggiori indicazioni sulla perdurante validità, pur nel mutato quadro normativo europeo, delle indicazioni fornite con la predetta circolare del ’96 in merito alla necessità dell’autorizzazione al trasferimento in paesi UE.
Alla luce della descritta evoluzione normativa, tale provvedimento di autorizzazione va riqualificato alla stregua di una valutazione medico legale esclusivamente tesa ad escludere eventuali rischi di aggravamento del paziente, derivanti dal trasferimento medesimo, in ragione dei maggiori costi per indennità di malattia che una tale circostanza comporterebbe a carico dell’Istituto.
Qualora il lavoratore, nonostante il parere negativo dell’INPS, effettui comunque il trasferimento (che non può, ovviamente, essergli vietato), verrà applicato l’istituto della sospensione del diritto all’indennità economica, previsto dalla normativa vigente per tutti i casi in cui il lavoratore compia atti che possono pregiudicare il decorso della malattia.
Questi chiarimenti riguardano solo il caso di provvedimenti di autorizzazione rilasciati dall’l’INPS e non anche le eventuali autorizzazioni ASL che attengono ai profili, di diversa natura, relativi alla copertura delle prestazioni sanitarie erogabili in convenzione all’estero.
Pertanto, ai fini del mantenimento dell’indennità di malattia, il lavoratore che intenda trasferirsi in altro Paese UE durante l’assenza da lavoro per evento morboso dovrà procedere con una preventiva comunicazione alla Struttura territoriale INPS di competenza che, per le necessarie valutazioni medico legali, provvederà a convocarlo nel più breve tempo possibile per una visita di controllo ambulatoriale.
In tale occasione, oltre alla registrazione dell’indirizzo di reperibilità all’estero per eventuali possibili controlli medico legali, dovrà essere accertato l’effettivo stato di incapacità al lavoro nonché verificato che non vi sia alcun rischio di aggravamento conseguente al trasferimento all’estero. Terminata la visita sarà rilasciato al lavoratore un verbale valutativo redatto su apposito modello (allegato n. 1 al Messaggio n. 4271/18).
L’esito verterà dunque sul nulla osta, sotto il profilo medico legale, al richiesto trasferimento all’estero oppure evidenzierà, sotto il profilo medico legale, che tale dislocazione all’estero potrebbe comportare il rischio di aggravamento del quadro morboso in essere.
Per le istanze di trasferimento in Paesi extra UE, restano invece valide le indicazioni fornite con la circolare n. 192 del 07/10/1996, in merito alla valutazione da parte dell’Istituto di migliori cure e/o assistenza che il lavoratore potrà ricevere nel Paese estero.
Luca Bianchin, Consulente del lavoro