Tipologie di invio del personale dipendente all’estero: la trasferta
Sempre più imprese, negli ultimi anni, si trovano a dover gestire l’invio di personale all’estero.
Che sia per inviare i proprio dipendenti presso clienti o per implementare relazioni con altre aziende è sempre opportuno prestare attenzione agli adempimenti giuridici e pratici necessari per muoversi nel rispetto della normativa.
Gli istituti previsti dal nostro ordinamento attraverso i quali si può modificare il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, spostandolo anche oltre i confini italiani, sono essenzialmente tre:
– la trasferta;
– il trasferimento;
– il distacco.
Ciascuna di queste forme che l’invio all’estero di un dipendente può assumere ha caratteristiche specifiche e richiede specifici adempimenti giuridici, previdenziali e fiscali. La scelta di uno degli istituti richiamati piuttosto che di un altro deve tener conto non solo delle esigenze dell’azienda, ma anche delle specifiche modalità con le quali si svolgerà l’attività lavorativa all’estero, nonché dell’opportunità di modificare o integrare il contratto di lavoro.
L’istituto della trasferta, disciplinato nei contratti collettivi, non viene definito legalmente. Come noto la trasferta, o missione, è un mutamento temporaneo del luogo della prestazione lavorativa con previsione certa di rientro nella sede di lavoro originaria. la trasferta viene attuata rispondere ad esigenze di servizio transitorie e contingenti, non prevedibili al momento dell’assunzione. In sostanza il lavoratore viene temporaneamente comandato a prestare la propria opera in un luogo diverso da quello in cui deve abitualmente eseguirla.
Uno degli elementi qualificanti la trasferta è la temporaneità della permanenza che potrebbe anche protrarsi a lungo, ma che sicuramente non è definitiva. Non ci sono, infatti, indicazioni precise utili al fine di quantificare la temporaneità: ciò che si ritiene determinante per differenziare la trasferta da altri spostamenti della sede del luogo di lavoro è la permanenza del legame funzionale con il luogo “normale di lavoro”. Infatti, il lavoratore inviato in missione resta comunque incardinato nell’organico dell’unità originaria.
Altro elemento caratterizzante la trasferta è che questa è eseguita nell’interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro che la dispone. La decisione di mandare un dipendente in trasferta scaturisce da una mera discrezionalità aziendale e quindi è irrilevante il consenso manifestato dal lavoratore. Per evitare un utilizzo arbitrario del potere unilaterale di disporre della trasferta è richiesto, sulla base dell’art. 1175 c.c., che il suo esercizio sia funzionale alle esigenze tecniche, organizzative e produttive dell’azienda.
Nel corso della trasferta il lavoratore è soggetto alle direttive del proprio datore di lavoro e non intercorre alcun rapporto tra il lavoratore in trasferta e il soggetto presso il quale la prestazione viene resa. Il potere direttivo resta, quindi, interamente nelle mani del datore di lavoro, poiché il legame sostanziale del contratto di lavoro non cambia nel caso della trasferta.
Quando il lavoratore è inviato in trasferta, specialmente se all’estero, al fine di compensare il disagio, anche economico, deve essergli riconosciuta, nelle modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, un’indennità di trasferta, ossia una somma aggiuntiva che va ad affiancare la normale retribuzione.
Il regime fiscale e contributivo dell’indennità di trasferta è stabilito dalla legge (D.P.R. 917/1986) ed è diverso a seconda del luogo della trasferta. Se, infatti, il lavoratore è inviato nell’ambito del medesimo comune dove presta attività lavorativa l’indennità di trasferta e i rimborsi spese, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare reddito.
Se, invece, la trasferta è svolta fuori dal territorio comunale le regole sono diverse da caso a caso:
a. Nel caso si opti per un’indennità forfetaria, al netto delle spese di viaggio e trasporto, questa è ESENTE fino a: € 46,48 al giorno per le trasferte in Italia; € 77,47 al giorno per le trasferte all’estero.
b. Nel caso in cui siano rimborsate le spese di alloggio o di vitto, oppure alloggio o vitto sono forniti gratis, l’indennità è esente fino a: € 30,99 al giorno in Italia; € 51,65 al giorno all’estero.
c. Se sono rimborsate le spese di alloggio e vitto oppure sono entrambi forniti gratis, l’indennità è esente fino a: € 15,49 al giorno in Italia; € 25,82 al giorno all’estero.
d. Se si decide di non riconoscere un’indennità, ma di rimborsare solo le spese: le spese documentate di vitto, alloggio, viaggio e trasporto, sono totalmente esenti; le altre spese non documentabili (analiticamente attestate dal dipendente) sono esenti fino a: € 15,49 al giorno in Italia; € 25,82 al giorno all’estero.
Dott.ssa Emiliana Maria Dal Bon – Consulente del lavoro