Smart working e lavoro agile
Nuovi modelli organizzativi della prestazione lavorativa:
smart working e lavoro agile
Collegato alla Legge di Stabilità dovrebbe prossimamente essere approvato un DDL recante Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato a tempo indeterminato che per ora ha assunto la forma solamente di bozza. Il titolo II di questo DDL è interamente dedicato alla disciplina del lavoro agile, l’evoluzione del telelavoro.
Il lavoro agile rappresenta, sostanzialmente, la versione italiana dello smart working, ossia un modello organizzativo e di svolgimento della prestazione lavorativa attraverso il quale si rompono gli schemi ordinari e tipici del rapporto di lavoro subordinato di tempo e spazio, anche per andare nella direzione di un’ottimale conciliazione delle esigenze professionali con quelle della vita privata.
Il prestatore d’opera, attraverso il lavoro agile, svolge la propria attività nell’ambito di un contratto di lavoro subordinato (con le garanzie e le tutele tipiche) ma in un luogo che non coincide necessariamente con i locali dell’impresa di cui è lavoratore subordinato, e in tempi che non necessariamente sono quelli classici da “timbratura del cartellino”. È chiaro, pertanto, che configurandosi in tale maniera lo svolgimento della prestazione lavorativa il lavoratore ha modo di organizzare a proprio piacimento i tempi di lavoro e conciliarli al meglio con le proprie esigenze di vita.
TEMPI DI LAVORO
Nel concreto, il lavoratore in lavoro agile ha facoltà di gestire l’organizzazione del proprio tempo di lavoro ingenerando un superamento dei vincoli tradizionali di orario fisso e predeterminato di lavoro. È previsto, infatti, che la prestazione affidata a questi lavoratori sia equivalente in termini di quantità, tipologia e qualità a quella svolta da lavoratori aventi le stesse mansioni, che svolgono la propria attività nei locali dell’azienda con la differenza che il lavoratore agile potrà disporre del proprio tempo in maniera più libera, fatti salvi i limiti inderogabili previsti dalla normativa di riferimento. In sostanza, con il lavoro agile non importa quando viene svolta l’attività lavorativa, ma importa che il risultato della stessa sia raggiunto.
LUOGO DI LAVORO
Lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile può avvenire in un luogo diverso dalla sede aziendale, luogo che a seconda degli accordi tra lavoratore e datore di lavoro può essere predeterminato (ad esempio il domicilio del lavoratore) o sempre variabile. Gli accordi tra le parti definiranno, altresì, quanti giorni alla settimana, o al mese, la prestazione sarà resa in modalità di lavoro agile e per quanti e quali giorni (anche non predeterminati) il lavoratore dovrà, invece, essere presente presso la sede aziendale secondo le normali modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
Organizzando in tal modo l’attività lavorativa, l’esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro non può avvenire nelle forme tradizionali. Il controllo sull’attività lavorativa, infatti, non potrà essere eseguito in forma continuativa ma al contrario solo sui risultati dell’attività svolta.
Considerando tutto quanto sopra, appare evidente che il lavoro agile rappresenta un’evoluzione del concetto di subordinazione, non solo perché scollega il lavoratore dai vincoli di orario e di spazio tipici della subordinazione, ma soprattutto perché comporta un approccio improntato a una valutazione delle performance del lavoratore sulla base dei risultati raggiunti, più che sulla base della presenza fisica del lavoratore dove e quando richiesto dal datore di lavoro.
L’accordo di lavoro agile che lavoratore e datore di lavoro sottoscrivono ha come presupposto, quindi, un processo di responsabilizzazione del lavoratore tale da assimilare la sua obbligazione a quella più tipica del rapporto di lavoro autonomo o parasubordinato. Tra datore di lavoro e lavoratore deve pertanto venirsi a configurare un vero e proprio patto di fiducia.
Il DDL citato in apertura definisce il lavoro agile come l’esecuzione della prestazione lavorativa solo in parte all’interno dei locali aziendali e con i soli vincoli di orario massimo derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Secondo il Disegno di legge, per la corretta attivazione del singolo progetto di lavoro agile è necessario un accordo scritto nel quale le parti manifestino la propria volontà in favore del lavoro agile e definiscano le modalità di esecuzione della prestazione resa fuori dai locali aziendali, stabilendo altresì gli strumenti utilizzati dal lavoratore e le fasce orarie di rispetto dei tempi di riposo del lavoratore.
Nessuna discriminazione economica o normativa deve derivare per il lavoratore della sua partecipazione al progetto di lavoro agile, così come non deve perdersi il diritto del datore di lavoro di controllare la prestazione resa dal lavoratore in modalità di lavoro agile nei limiti espressamente indicati dall’accordo individuale e nel rispetto della disciplina di legge in materia di controlli a distanza del lavoratore.
Profilo molto importante e delicato affrontato dal DDL è quello riguardante la sicurezza sul lavoro. Garantire le tutele richieste dalla legge diviene piuttosto complesso nel momento in cui il lavoratore è al di fuori dei protetti e controllati luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro, secondo il DDL, al fine di dare attuazione all’obbligazione di sicurezza, e tenuto conto dell’impossibilità di controllare i luoghi di svolgimento della prestazione lavorativa, deve consegnare al lavoratore un’informativa periodica, con cadenza almeno annuale, nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alle modalità di svolgimento della prestazione.
Altro profilo di forte preoccupazione per i datori di lavoro, è quello relativo alla copertura INAIL degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dei lavoratori in modalità di lavoro agile. Non essendo possibile un controllo pedissequo sul lavoratore, il DDL ha optato per una deresponsabilizzazione datoriale e una responsabilizzazione del lavoratore escludendo dall’ambito della tutela INAIL e dall’ambito della responsabilità datoriale di tutti quegli infortuni che sono causati dal cd. rischio elettivo non connesso, pertanto, con la prestazione lavorativa.
Nella sua attuale formulazione (passibile ovviamente di numerose modifiche fino alla sua approvazione) il DDL detta una disciplina quadro del lavoro agile, lasciando ai contratti collettivi di qualunque livello (anche aziendali, quindi) spazio per prevedere regole diverse e più di dettaglio. Anche l’accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro dovrà, chiaramente, giocare un ruolo fondamentale poiché permetterà di ritagliare una disciplina ad hoc basata sulle esigenze del singolo lavoratore e della specifica mansione svolta.
Dott.ssa Emiliana Maria Dal Bon – Consulente del lavoro