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23 Febbraio 2022 | Approfondimenti tecnici, Più letti

Quarantene e isolamento: Quale la retribuzione

La rapida diffusione, su tutto il territorio nazionale, della nuova variante del Sars-Cov2 denominata “Omicron”, combinata con i dati sull’efficacia dei vaccini, ha indotto il Governo ad introdurre, con il D.L. n.229 pubblicato in data 30 dicembre 2021, importanti misure di salute pubblica al fine di evitare l’insorgenza di ulteriori casi e salvaguardare il Sistema Sanitario Nazionale.

La normativa.

Il Decreto entrato in vigore il 31 dicembre 2021, all’articolo 2, modifica l’articolo 1 della L.74/2020 contenente misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, introducendo due nuovi commi:

  • il comma 7-bis sancisce l’esenzione della quarantena, a seguito di un contatto stretto con un positivo, per specifiche categorie;
  • il comma 7-ter incarica il Ministero della Salute di aggiornare, con propria circolare, le misure di quarantena e isolamento in seguito alla diffusione globale della variante, precedentemente stabilite nei commi 6 e 7 della L.74/2020.

Entrando nel merito del comma 7-bis, quest’ultimo afferma che, dall’entrata in vigore del suddetto, per coloro che sono entrati in stretto contatto con soggetti positivi e non presentino sintomi, non si applichi la quarantena preventiva a condizione che soddisfino uno dei seguenti requisiti:

  • abbiano completato il ciclo vaccinale primario da 120 giorni o meno;
  • abbiano ricevuto la dose booster;
  • siano guariti dal Covid-19 da 120 giorni o meno.

Questi soggetti seppur non privati della libertà personale, devono rispettare un periodo di Auto-sorveglianza nel quale sono tenuti ad indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie FFP2 per almeno 10 giorni, tenere costantemente monitorato il proprio stato di salute, effettuare un test antigenico rapido o molecolare alla prima comparsa dei sintomi, e se ancora asintomatici, al 5° giorno successivo alla data dell’ultimo contatto.

Sulla base del comma 7-ter, Il Ministero della Salute, al fine di chiarire la misura dell’Auto-sorveglianza e aggiornare le misure di quarantena e isolamento in seguito alla diffusione globale della nuova variante “Omicron”, ha pubblicato in data 30 dicembre 2021 la circolare n.60136 in cui vengono ben definite le modalità di quarantena e sue modalità alternative.

Nel caso si entri in contatto stretto con un caso accertato positivo, a seconda dello stato di vaccinazione o guarigione, si dovrà rispettare la quarantena per un numero di giorni diversi:

  • Soggetto non vaccinato, che non ha completato il ciclo vaccinale primario o che ha concluso il ciclo vaccinale primario da meno di 14 giorni dovrà rispettare la quarantena per la durata di 10 giorni dall’ultima esposizione ed effettuare un test antigenico molecolare che, se negativo, consentirà di terminare la quarantena;
  • Soggetto che abbia completato il ciclo vaccinale da più di 120 giorni, con la Certificazione Verde ancora valida, se non presenta sintomi dovrà rispettare la quarantena per la durata di 5 giorni ed effettuare un test antigenico molecolare che, se negativo, consentirà di terminare la quarantena;
  • Soggetto che abbia completato il ciclo vaccinale primario da meno di 120 giorni o che abbia effettuato la terza dose “booster” o che sia guarito da infezione da Sars-Cov2 da meno di 120 giorni sarà esentato dalla quarantena ma tenuto ad Auto-Sorveglianza per la durata di 5 giorni, pertanto si potrà svolgere regolarmente l’attività lavorativa, ed effettuare un tampone antigenico rapido o molecolare alternativamente alla prima comparsa dei sintomi o al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto.

Il continuo susseguirsi di normative da due anni a questa parte e l’elevato numero di termini introdotti, tra cui contatto a basso rischio ed alto rischio, quarantena, sorveglianza, potrebbe generare confusione ed indurre in errore i cittadini sul corretto comportamento da tenere durante l’emergenza epidemiologica, pertanto è bene rimarcare alcuni termini troppo spesso confusi tra loro.

Qual è la differenza tra contatto a basso rischio e contatto stretto ad alto rischio?

La differenza tra un contatto a basso rischio e contatto stretto ad alto rischio, che a primo impatto potrebbero sembrare similari, incidono significativamente sul comportamento che il soggetto esposto al contatto dovrà adottare e sulla necessità o meno di essere sottoposto alla misura della quarantena preventiva.

Per contatto a basso rischio s’intende una persona che ha avuto una o più delle seguenti esposizioni:

  • una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso COVID-19, ad una distanza inferiore ai 2 metri e per meno di 15 minuti;
  • una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) o che ha viaggiato con un caso COVID-19 per meno di 15 minuti;
  • un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso COVID-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso COVID-19, provvisto di DPI raccomandati;
  • tutti i passeggeri e l’equipaggio di un volo in cui era presente un caso COVID-19, ad eccezione dei passeggeri seduti entro due posti in qualsiasi direzione rispetto al caso COVID-19, dei compagni di viaggio e del personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto che sono infatti classificati contatti ad alto rischio.

Per contatto stretto ad alto rischio si intende una persona esposta ad un soggetto positivo o probabilmente positivo, in cui rientrano le seguenti casistiche:

  • una persona che vive nella stessa casa di un caso COVID-19
  • una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso COVID-19 (per esempio la stretta di mano)
  • una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso COVID19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati)
  • una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti
  • una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso COVID-19 in assenza di DPI idonei
  • un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso COVID-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei
  • una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.

Qual è la differenza tra quarantena e Auto-sorveglianza?

E’ essenziale definire i concetti di quarantena e Auto-sorveglianza poiché solo il primo limita la libertà personale al fine di salvaguardare la salute della collettività.

La quarantena si attua ad una persona sana (contatto stretto) che è stata esposta ad un caso COVID-19, con l’obiettivo di monitorare i sintomi e assicurare l’identificazione precoce dei casi.

L’Auto-sorveglianza si attua ad una persona sana (contatto stretto) che è stata esposta ad un caso COVID-19, ma rientra in una delle seguenti categorie:

  • abbiano completato il ciclo vaccinale primario da 120 giorni o meno;
  • abbiano ricevuto la dose booster;
  • siano guariti dal Covid-19 da 120 giorni o meno.

Si ritiene che i soggetti che rientrato in una di queste categorie, nonostante siano state esposte a contatto stretto con un positivo, abbiano una copertura al virus talmente alta da consentire loro di svolgere la normale attività; pertanto il loro stato di salute può essere auto-monitorato rispettando alcune regole minime di prevenzione.

La quarantena sul posto di lavoro

Il D.L. n.229/2021 sottopone a due misure diverse i lavoratori che sono stati esposti ad un contatto stretto con soggetti positivi al covid, a seconda della loro copertura vaccinale:

  • l’auto-sorveglianza;
  • la quarantena.

I soggetti sottoposti ad auto-sorveglianza, che sulla base di studi scientifici si presuppone abbiano una carica virale bassa tale per cui il rischio di diffondere il virus è minore, possono svolgere la normale attività lavorativa.

In questa sede ci si chiede come l’azienda deve gestire questo caso al fine di tutelare la sicurezza e salute nell’ambiente lavorativo.

Partendo dal presupposto che il datore di lavoro non può venire a conoscenza dello stato di salute di un soggetto, se non venga comunicato direttamente dallo stesso, il primo non può che accettare la prestazione lavorativa approfondendo le misure di prevenzione e informazione sul rischio di diffusione del virus Sars-Cov2.

Per i soggetti sottoposti alla quarantena, fino al 31 dicembre, era prevista l’equiparazione della stessa alla malattia Inps come previsto dalla L. n.27/2020

In cosa consiste?

La tutela prevede, per tutti i lavoratori del settore privato, l’equiparazione a malattia dei periodi di assenza dal lavoro dovuti a quarantena con sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva o di quarantena precauzionale, disposti dall’operatore di sanità pubblica.

Questa misura termina al 31 dicembre 2021, pertanto per tutti i lavoratori subordinati, sottoposti alla misura della quarantena, poiché non rientranti in quelle categorie che assicurano la bassa diffusione del virus, il datore di lavoro non può accettare la prestazione lavorativa. Questo comporta che i lavoratori, in quanto assenti da lavoro, non ricevano la retribuzione e non siano indennizzati dall’Inps in quanto considerati soggetti sani.

Come può l’azienda gestire questi casi?

L’azienda non potrà accettare l’attività lavorativa e quindi non è tenuta al pagamento del corrispettivo. Il riconoscimento di un periodo feriale appare censurabile, data la ratio delle ferie non coerente con la privazione delle libertà di movimento insite nella quarantena. A pensarci bene non eisste una definizione giuridica di quarantena, con la conseguenza che l’assenza della prestazione, atteso il vincolo sinallagmatico, comporterà l’assenza di qualsiasi retribuzione.

Faq e casi pratici in azienda

Quali sono le modalità di reintegro al lavoro per i lavoratori precedentemente positivi al covid?

La circolare del Ministero della Salute n. 15127 del 12 aprile 2020 afferma che il lavoratore, ai fini del reintegro, invia, anche in modalità telematica, al datore di lavoro per il tramite del medico competente ove nominato, la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

Dalle parole del Presidente del Consiglio dei Ministri, dal contenuto delle ultime norme pubblicate e la mancata proroga dell’equiparazione ai fini economici della quarantena Covid alla malattia dal gennaio 2022, si evince chiaramente la presa di posizione del Governo a favore della vaccinazione obbligatoria. Misura che dovrebbe assicurare una buona protezione nei confronti della malattia grave, considerata come unico strumento efficace volto al contenimento dell’epidemia da Sars-Cov2.

Il riconoscimento delle tutele previdenziali previste all’art. 26 comma 1 (tutela per i lavoratori in quarantena) e comma 2 (tutela per i lavoratori c.d. fragili) del D.L. 18/2020 e sue successive modificazioni è venuto meno alla data del 31 dicembre 2021.

L’Inps, con il messaggio 679 del 11/02/2022, ha ribadito quindi che, non essendoci stata alcuna proroga per il 2022 dell’equiparazione a malattia, per gli eventi a cavallo degli anni 2021 e 2022, il riconoscimento delle tutele previdenziali nei confronti dei lavoratori in quarantena e per i lavoratori c.d. fragili, sarà effettuato nei limiti delle risorse disponibili previste dall’art. 26 comma 5 del D.L. 18/2020 e sue successive modifiche per le sole giornate riguardanti l’anno 2021.

Ritenendo opportuno promuovere la somministrazione della terza dose di richiamo (booster) il Governo ha differenziato, inoltre, le misure per la durata della quarantena, ma possiamo affermare con certezza che l’intervento sia riuscito?

Non essendo più indennizzata la quarantena (a meno che non sia il datore di lavoro a farsi carico del pagamento delle giornate non lavorate) potrebbe verificarsi il caso in cui il lavoratore, al fine di non essere costretto ad utilizzare le sue ferie o i suoi permessi per assicurare i giorni di assenza, si rechi comunque sul posto di lavoro pur di non compromettere l’erogazione del proprio stipendio con conseguenti rischi per la salute dei colleghi.

Altra possibile casistica, diversa dalla precedente, potrebbe essere rappresentata dall’ipotesi di dipendente avente la terza dose di vaccino e che, per tale circostanza, non sia tenuto ad osservare la quarantena (se asintomatico): siamo davvero sicuri che l’Azienda accetterà di buon grado il suo rientro anche qualora fosse stato a contatto stretto con persona positiva al Covid-19?

In tal caso l’azienda potrebbe ritenere che, al di là del tenore normativo, il lavoratore non possa rientrare in servizio a tutela del gruppo di lavoro?

Come remunerare tale assenza, se non per il tramite di permessi retribuiti?

 Autore:  Dott. Dario Ceccato