I permessi ex art. 33 L. n. 104/1992 cosa cambia con la circolare INPS di marzo 2022
I permessi ex art. 33 L. n. 104/1992 e la circolare INPS di marzo 2022
L’INPS è intervenuta nuovamente con riferimento ai permessi ex art. 33 L. n. 104/1992 emanando la circolare n. 36 del 7 marzo 2022, riportante le nuove istruzioni operative finalizzate al riconoscimento del beneficio anche in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.
Prima di analizzare più nel dettaglio le ultime novità, è opportuno operare una ricognizione dell’istituto.
I beneficiari e la durata del beneficio
La norma in esame riconosce tre giorni di permesso mensile retribuito in favore del lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assista un soggetto portatore di grave handicap che sia coniuge, convivente, parente o affine entro il secondo grado.
Il diritto si estende a parenti e affini entro il terzo grado qualora il genitore o il coniuge della persona portatrice di handicap abbiano compiuto 65 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti, oppure ancora siano deceduti o sia intervenuta una situazione che ne abbia determinato la mancanza (separazione legale, divorzio, abbandono).
I permessi possono essere fruiti anche in maniera frazionata, purché entro i seguenti limiti: 18 ore mensili, in caso di orario settimanale di 36 ore su 6 giorni lavorativi; 24 ore mensili, in caso di orario settimanale di 40 ore su 5 giorni lavorativi, con riproporzionamento in caso di lavoro a tempo parziale o accesso alla cassa integrazione guadagni.
I permessi non sono cumulabili nei mesi successivi, ma si esauriscono nel mese in corso. Il beneficiario, quindi, perde il diritto a fruire dei permessi di cui non abbia goduto nel mese di riferimento e non ha nemmeno diritto alla monetizzazione degli stessi.
Il beneficio può essere riconosciuto in favore di un solo dipendente per ciascun soggetto disabile (c.d. “referente unico”), salvo si tratti del coniuge o di un parente o affine di primo grado oppure entro il secondo grado, se i genitori o il coniuge del soggetto affetto da grave handicap abbiano compiuto 65 anni di età o siano mancati o deceduti o affetti da patologie invalidanti.
La diretta fruizione dei permessi da parte dei lavoratori portatori di handicap ne impedisce il contemporaneo utilizzo da parte dei genitori, parenti e affini precedentemente citati. I giorni di permesso, invece, potranno essere riconosciuti al lavoratore non disabile, familiare convivente del lavoratore portatore di handicap anche se quest’ultimo già fruisce dei permessi per se stesso e a condizione che: il lavoratore portatore di handicap, pur beneficiando dei propri permessi, abbia un’effettiva necessità di essere assistito da parte del familiare lavoratore convivente; nel nucleo familiare non sia presente un altro familiare non lavoratore in condizione di prestare assistenza; i due soggetti interessati fruiscano dei giorni di permesso nelle stesse giornate.
Laddove il lavoratore si trovi a dover assistere più soggetti disabili, gli è riconosciuto il diritto di cumulare più permessi (entro i limiti sopra descritti per ciascun soggetto affetto da grave handicap), salvo si possa sopperire congiuntamente alle necessità assistenziali dei soggetti nel corso del medesimo periodo.
Inoltre, è esclusa la possibilità di fruire del congedo straordinario e dei permessi ex art. 33 L. n. 104/1992 per la stessa persona disabile nelle medesime giornate.
La presentazione della domanda
La domanda va presentata in via telematica attraverso i seguenti canali: sito web dell’INPS; patronati; Contact Center INPS.
La domanda ha validità a decorrere dalla sua presentazione e i provvedimenti di riconoscimento del diritto alla fruizione dei permessi non hanno un limite temporale di validità.
L’indennità
Per i descritti permessi è riconosciuta un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione erogata dall’INPS, previa anticipazione da parte del datore di lavoro e successivo recupero ad opera dello stesso tramite conguagli contributivi da esporre attraverso la procedura UniEmens.
I periodi di assenza per la fruizione dei permessi sono computati ai fini dell’anzianità di servizio e sono coperti da contribuzione figurativa.
Casi
È sempre importante ricordare che deve in ogni caso sussistere un nesso causale tra il permesso fruito e l’attività di assistenza.
Ciò non significa che durante tali giornate si debba rigorosamente effettuare attività strettamente legate alla cura materiale del disabile; tuttavia, con ciò nemmeno si intende ammettere la possibilità di dedicarsi esclusivamente ad attività che esulino dal prestare assistenza.
In più occasioni, infatti, è stata esclusa dalla Giurisprudenza la compatibilità della fruizione di tali permessi con lo svolgimento di una seconda attività lavorativa, la partenza per viaggi di piacere o, comunque il dedicarsi all’attività di assistenza solo per una ridotta parte del tempo relativo ai permessi.
Nei casi più gravi il lavoratore potrebbe essere persino licenziato per giusta causa e condannato per truffa ai danni dello Stato ex 640 art. c.p.
Il riconoscimento dei permessi agli uniti civilmente: la circolare INPS n. 36 del 7 marzo 2022
Come anticipato in apertura, l’INPS è intervenuta in materia emanando una nuova circolare riportante le istruzioni operative finalizzate al riconoscimento del beneficio anche in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.
Tale circolare si pone quale diretta e naturale conseguenza del processo evolutivo in ambito legislativo e giurisprudenziale degli ultimi anni con riferimento al riconoscimento dei diritti civili. Si ricordano, in particolare, i seguenti interventi rilevanti:
- la L. n. 76/2016 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto prevedendo, tra l’altro, che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”;
- la Corte Costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della L. n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ai sensi del medesimo articolo 33, comma 3.
- la circolare INPS n. 38 del 27 febbraio 2017 ha fornito le istruzioni operative per la concessione dei permessi di cui alla L. n. 104/1992 e del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001 in favore del lavoratore dipendente del settore privato, parte di un’unione civile o convivente di fatto, che presti assistenza all’altra parte o convivente, precisando quanto segue:
- il convivente di fatto che presti assistenza all’altro convivente può usufruire unicamente di permessi di cui alla L. n. 104/1992.
- la parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di permessi di cui alla L. n. 104/1992 e di congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001;
Infine, la circolare da ultimo emanata dall’INPS ha espressamente riconosciuto che i permessi in argomento possano ora essere fruiti anche:
- dalla parte di un’unione civile che presti assistenza al convivente o a suoi parenti. Ai fini del riconoscimento dei benefici descritti, va riconosciuta la sussistenza del rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione. Conseguentemente, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito. Allo stesso modo, i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione. Resta fermo il rispetto del grado di affinità normativamente previsto;
- dal convivente di fatto che presti assistenza all’altro convivente. Si segnala che, a differenza di quanto previsto per le unioni civili, il rapporto di affinità non è riconoscibile tra il convivente di fatto e i parenti dell’altro partner, non essendo la convivenza di fatto un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale. Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il convivente di fatto può usufruire dei permessi di cui alla L. n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.
Trattandosi in entrambi i casi di dati detenuti da altra Pubblica Amministrazione, ai fini della concessione del diritto sarà sufficiente la dichiarazione del richiedente, nella domanda, di essere coniuge / parte di unione civile / convivente di fatto ai sensi del comma 36 dell’articolo 1 della L. n. 76/2016. Sarà cura dell’operatore di Sede provvedere, secondo le consuete modalità, all’espletamento dei controlli delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni.
Le Strutture territoriali avranno cura di riesaminare, alla luce dei suddetti chiarimenti, i provvedimenti già adottati e le istanze già pervenute e non ancora definite relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o prescrizione del diritto.
Autore: Avv. Roberta Amoruso