Novità in materia di buoni pasto
Il 9 settembre 2017 è entrato in vigore il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) n. 122 del 7 giugno 2017, che ha introdotto diverse novità con riferimento alla disciplina dei servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo di buoni pasto.
Il buono pasto, strumento introdotto in Italia negli anni Settanta, è un documento di legittimazione, che attribuisce al titolare il diritto di ottenere dagli esercizi convenzionati il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono, ossia euro 5,29, in caso di buono cartaceo, e euro 7,00, in caso di buono elettronico, comprensivi dell’imposta di valore aggiunto al 10%.
Esso rappresenta un benefit aziendale che sta prendendo sempre più piede nelle aziende: secondo una ricerca Doxa per Sodexo Benefits&Rewards Service in solo sette anni sono aumentate del 77% le aziende che lo riconoscono ai propri dipendenti e collaboratori, raggiungendo le 77.450 unità.
Titolari del buono pasto possono essere non solo i lavoratori subordinati pubblici o privati, a tempo pieno o parziale ed indipendentemente dal fatto che sia stata stabilita una pausa per il consumo del pasto, ma anche i collaboratori non subordinati dell’imprenditore.
Il ticket è sostanzialmente un “single purpose voucher” che garantisce esclusivamente il servizio sostitutivo di mensa e, quindi, può unicamente essere utilizzato per acquistare pasti pronti al consumo. Tuttavia, ora è consentito anche l’uso del buono per la fruizione del pasto preparato o consumato a casa, purché con esso non si acquistino prodotti non alimentari o prodotti alimentari consumabili solo previa manipolazione.
Peraltro, con il decreto recentemente entrato in vigore è ora possibile acquistare tali prodotti pronti all’uso non solo presso bar, ristoranti, mense aziendali ed interaziendali, gastronomie, rosticcerie e supermercati, ma anche presso mercati, spacci, agriturismi e ittiturismi.
Il buono pasto non può essere ceduto dal titolare a terzi (nemmeno familiari), commercializzato o convertito in denaro. Per garantire che esso venga utilizzato dal solo titolare, è stato previsto che possa essere utilizzato esclusivamente se datato e sottoscritto dal titolare. Nei buoni pasto elettronici, l’obbligo di firma del titolare è assolto associando un numero o un codice identificativo riconducibile al titolare stesso.
Il buono deve essere utilizzato “per l’intero valore facciale”, ossia non darà diritto al resto, qualora il pasto abbia un prezzo inferiore al valore del buono.
Inoltre, mentre prima del decreto era possibile utilizzare un solo ticket per ogni giornata lavorativa, ora è venuto meno il precedente divieto ed è possibile cumulare fino a otto buoni purché in una singola transazione e in una singola giornata (pari, dunque, ad un totale di euro 42,32, nel caso di buoni cartacei, e di euro 56,00, nel caso dei ticket elettronici), non necessariamente lavorativa. In tal modo, si è cercato di porre rimedio al precedente inconveniente che nasceva dal divieto di cumulare buoni di modico valore, così costringendo il lavoratore a pagare in contanti la differenza del pasto da consumare.
Si ricorda, infine, che il valore portato dai buoni pasto non può essere assimilato in alcun modo al reddito da lavoro, sebbene, indirettamente, questo garantisca ai lavoratori un reddito annuo destinato all’alimentazione pari a euro 1.165,00, in caso di buono cartaceo, e pari ad euro 1.540,00, in caso di buono elettronico, completamente detassato.
Ci si augura che una simile riforma porti ad un’ulteriore diffusione delle strumento dei buoni pasto, nella speranza che venga, altresì, arginato l’uso distorto che talvolta viene fatto dei medesimi.
Avv. Roberta Amoruso