Autotutela INPS quale istituto deflativo del contenzioso in materia previdenziale
L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, nel dicembre del 2016 con propria Circolare n. 146, ha esposto i principi di piena applicazione del Regolamento di Autotutela, approvato dal Consiglio di Amministrazione dello stesso Istituto con deliberazione n. 275 del 27 settembre 2006,
In tal modo si è uniformato alle generali regole di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi illegittimi, “anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso” , allo scopo di perseguire l’interesse pubblico finalizzato al conseguimento di risparmi ovvero di minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche.
Secondo la citata Circolare, l’istituto dell’autotutela (nello specifico in materia previdenziale) “(…) si pone quale principio generale dell’azione amministrativa, orientata al perseguimento dell’economicità, efficacia, trasparenza, ragionevolezza e proporzionalità; essa ha lo scopo di verificare la legittimità e l’opportunità dell’azione amministrativa, nonché di garantire l’efficacia degli atti amministrativi precedentemente emanati dalla P.A. nell’esercizio dei suoi poteri inerenti alla funzione attiva.”
Uno dei fattori che anzitutto potrà orientare la scelta è costituito dal possibile risparmio ottenibile per l’Istituto, ponderato con l’entità del sacrificio eventualmente richiesto ai privati, secondo i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
A tal fine si richiama il Messaggio INPS del 29 settembre 2016, n.3913, con cui si stabilisce che il contribuente ha sempre la possibilità di intervenire con l’istituto dell’autotutela ancorché in presenza di una sentenza dell’Autorità Giudiziaria che, nonostante il decorso del termine per impugnare la cartella ovvero avviso di addebito notificato, abbia accertato l’inesistenza, totale o parziale, dell’obbligo contributivo richiesto.
La comunicazione di avvio del procedimento, comunque, non arresta né sospende i termini per la proposizione dei ricorsi in via amministrativa o giudiziaria, considerata la facoltà dell’interessato di agire con tutti i mezzi previsti dalla legge a tutela dei suoi diritti o interessi. Infatti, pur in assenza di una sentenza di accertamento dell’Autorità Giudiziaria, si ritiene che deve essere altresì ammessa la possibilità di intervento in autotutela laddove la Sede competente verifichi, sulle base delle disposizioni esistenti, la fondatezza delle ragioni sostanziali del contribuente anche allo scopo di evitare la soccombenza dell’Istituto in un eventuale giudizio di accertamento.
L’istruttoria dovrà essere gestita dall’ufficio o unità organizzativa che ha emanato l’atto oggetto di riesame anche avvalendosi, ove ritenuto necessario, della consulenza dell’ufficio legale INPS.
La Sede, analizzata l’istanza del contribuente e verificata l’infondatezza delle ragioni sostanziali che hanno determinato l’emissione del titolo, dovrà intervenire in autotutela sgravando/annullando il titolo indebitamente emesso.
Ove non sia presente un accertamento giudiziale, ma il credito contributivo sia stato contestato e accertato in sede amministrativa, oppure siano state ritenute valide nella stessa fase le ragioni a sostegno della infondatezza della pretesa, gli uffici dell’INPS potranno valutare la possibilità di esercitare l’autotutela anche in presenza di un avviso di addebito o di una cartella non opposti con indubbio apprezzamento dello sforzo dell’INPS di riconoscere, per motivi di equità e di giustizia sostanziale, come prevalente l’esigenza di tutelare le ragioni del contribuente rispetto alla necessità di recuperare il credito.
In questo senso, è lo stesso Ente previdenziale che suggerisce l’utilità per chi ha delle questioni contributive in corso con lo stesso, di provocare una verifica amministrativa del credito prima di portare la questione di fronte ad un giudice, dal momento che la vicenda può essere risolta rapidamente e senza danni con l’esercizio del potere di autotutela.
In questo è evidente la profonda opera di mutamento (si vedano al riguardo, tra le altre, le Circolari nn. 102/ 2009, 129/2010 e 48/2011) non soltanto degli apparati organizzativi ma anche dell’approccio alle vicende conflittuali che vedono interessato l’Istituto, con una particolare attenzione dedicata ai controlli e alla tempestività dell’azione amministrativa al fine di favorire al massimo l’utilizzo dello strumento dell’autotutela.
Con Messaggio 20 settembre 2017, n. 3609 viene, inoltre, ribadito quanto già precisato con msg n. 3913/2016, ovvero che l’Inps esercita l’autotutela per ragioni di diritto sostanziale:
“La possibilità di intervenire in autotutela sussiste ogniqualvolta la sede territorialmente competente verifichi l’infondatezza delle ragioni sostanziali della pretesa creditoria dell’Istituto e il contribuente non abbia provveduto ad instaurare un giudizio di accertamento in ordine alla pretesa creditoria stessa ovvero, dopo la notifica della Cartella di Pagamento o dell’Avviso di Addebito, abbia omesso di impugnare il titolo nei termini di cui all’art. 24, comma 5, del Decreto Legislativo n. 46 del 26 febbraio 1999”.
Ricordiamo, in chiusura, che l’onere della prova (in merito alla pretesa) è sempre in capo all’Amministrazione che deve dimostrare la legittimità e la legalità del provvedimento amministrativo; l’eventuale istanza di autotutela potrebbe proprio far leva sull’assenza di prova, in ordine alla pretesa economica espressa dall’Istituto, nell’atto per il quale si agisce in autotutela nel rispetto del dettato normativo ex articolo 2697, 1° comma, del Codice Civile, secondo il quale “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.
Tornando alla Circolare Inps n. 146/2006, la stessa auspica che “(…) una concreta applicazione” possa consentire “(…) all’Istituto di migliorare significativamente il rapporto con i propri utenti, improntando l’attività a criteri di certezza e qualità dell’azione amministrativa nonché di ridurre l’incidenza del contenzioso, amministrativo e giudiziario relativo a tutte le attività di competenza dell’Istituto (…)” tanto che, in occasione di un recente tavolo tecnico tenutosi tra i rappresentanti dell’Istituto di previdenza e quelli del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, è stato precisato che di fronte a elementi certi, che confermino l’errore commesso dall’Inps, potrà essere chiesto anche l’annullamento di un Durc negativo già emesso, con una richiesta alla Direzione centrale.
Luca Bianchin, Consulente del lavoro