La riassorbibilità dei superminimi
La fonte regolatrice della retribuzione, come è noto, è rinvenibile nell’art. 36 della Costituzione e nell’art. 2099 del Codice Civile, tuttavia, la disciplina in essi contenuta non offre una puntuale definizione di retribuzione poiché si limita ad enunciare i principi generali e gli elementi caratterizzanti della stessa che, si ricorda, sono strettamente legati alla prestazione lavorativa.
Nell’ambito del rapporto di lavoro, le erogazioni effettuate dal datore di lavoro a favore del lavoratore, in ragione del sinallagma contrattuale, si identificano nel concetto di retribuzione quando presentino i principi che la caratterizzano:
- Sufficienza: elemento di garanzia per una esistenza libera e dignitosa;
- Equità: valore retributivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- Determinatezza: parametro idoneo ad includere nella normale retribuzione, fissata dalla contrattazione collettiva, erogazioni che, ben ché non abbiano un importo preventivamente quantificato, siano erogati solo stabilendo i criteri di determinazione;
- Obbligatorietà: caratteristica intrinseca per individuare l’eventuale natura retributiva di un emolumento di natura liberale o discrezionale ma che, per effetto della continuità nell’erogazione, finisca per acquisire i caratteri dell’onerosità tipici della retribuzione;
- Corrispettività: requisito, dipendente dal rapporto di lavoro, che permetta di identificare come retribuzione anche erogazioni connesse alla prestazione lavorativa ma non dipendenti da essa (TFR, malattia, etc.).
Si rileva, tuttavia, che la carenza di una definizione specifica di retribuzione è, in parte, mitigata in occasione di discipline specifiche: basti pensare, ad esempio, all’art. 12 della Legge 153/1969 che disciplina la retribuzione imponibile in materia previdenziale- A tal fine, si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro.
Sostanzialmente, quindi, si potrebbe affermare che, la retribuzione, secondo un approccio giuridico, rappresenta l’obbligazione fondamentale , che grava sul datore di lavoro, quale corrispettivo dovuto al lavoratore per la prestazione lavorativa dallo stesso fornita.
Occorre, nondimeno, evidenziare, poiché rilevante ai fini che qui interessano, che la retribuzione, tra i suoi principi caratterizzanti, sconta il concetto di irriducibilità della stessa.
Tale caratteristica, sostanzialmente, è sancita dall’art. 2103 del Codice Civile, con il quale si esprime, soprattutto in relazione al mutamento delle iniziali mansioni, che, il lavoratore, in caso di assegnazione a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento, rispetto a quelle assegnate all’atto dell’assunzione, avrà diritto ad un trattamento retributivo che non subisca alcuna diminuzione.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza, “la garanzia della irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità professionali intrinseche essenziali delle mansioni precedenti, ma non a quelle componenti della retribuzione che siano erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa, e cioè caratteristiche estrinseche non correlate con le prospettate qualità professionali della stessa e, come tali, suscettibili di riduzione una volta venute meno, nelle nuove mansioni, quelle caratteristiche estrinseche che ne risultavano compensate.” (cassazione n. 16106 del 27/10/2003).
Altro aspetto rilevante è riconducibile all’assenza, dal nostro ordinamento giuridico, di un principio di omnicomprensività della retribuzione e, pertanto, la stessa sarà composta da una pluralità di elemnti, a carattere fisso e/o variabile, direttamente disposti dalla Legge, dai contratti collettivi nazionali, aziendali e individuali.
Tra questa moltitudine di elementi variabili e/o accessori che compongono la retribuzione, vi sono i classici “superminimi” che hanno la funzione di incrementare i valori minimi contrattuali (paga base) attribuiti dai CCNL alla totalità dei lavoratori. Questi possono essere collettivi, pattuiti per il tramite di accordi aziendali, concessi ai singoli lavoratori a seguito di accordi individuali o, anche, attribuiti limitatamente ad una parte di essi inquadrati in un particolare livello o rientranti in una specifica categoria, anche in questo caso, come conseguenza di una contrattazione aziendale.
Anche in questo caso, non avendo una definizione legale, potremmo esprimere un concetto giuridico di superminimo, intendendo per tale voce retributiva aggiuntiva, di natura contrattuale e pattuita liberamente dalle parti interessate, quell’elemento di natura retributiva che abbia, tendenzialmente, lo scopo di adeguare la retribuzione complessiva percepita dal lavoratore a particolari meriti professionali o riparametrare l’intera struttura retributiva, a più adeguati criteri di sufficienza ed equità, permettendo, inoltre, di attribuire al datore di lavoro, margini di discrezionalità nella determinazione della struttura retributiva dei singoli.
Le concessioni retributive fatte al lavoratore a titolo di superminimo, possono essere assorbibile quando il datore di lavoro ne può disporre la sua riduzione economica, compensandola con futuri aumenti retributivi disposti da qualsiasi fonte.
Il problema dell’assorbibilità dei superminimi, benché la dottrina affermi che la soluzione debba essere ricercata nella analisi di ogni singolo caso, appare, oramai, risolta dalla giurisprudenza consolidata la quale dispone che “il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari, che sia stato individualmente pattuito, è normalmente soggetto al principio generale dell’assorbimento nei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, tranne che sia da questa diversamente disposto, o che le parti abbiano attribuito all’eccedenza della retribuzione individuale la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e sia quindi sorretto da un autonomo titolo, alla cui dimostrazione, alla stregua dei principi generali sull’onere della prova, è tenuto lo stesso lavoratore.” (cassazione n. 12788 del 09/07/2004).
Quindi, ferma restando che la riassorbibilità del superminimo opera solo se il contratto collettivo o quello individuale non hanno disposto diversamente, poiché la retribuzione complessiva percepita dal lavoratore è il risultato di una struttura composta da più elementi, incluso il superminimo, la peculiarità che ne deriva, quando interviene un aumento del minimo contrattuale, risiede nella legittima mutabilità della retribuzione complessiva percepita dal lavoratore, per effetto della corrispondente riduzione del superminimo.
Di converso, quando il superminimo sia stato concesso per meriti o abbia natura di compenso speciale collegato alle mansioni del lavoratore, lo stesso, indipendentemente dalle pattuizioni specifiche, non potrà espletare la funzione elastica di rimodulazione della retribuzione complessiva percepita dal lavoratore e, pertanto, l’aumento contrattuale si andrà a sommare su quanto già percepito.
Per meglio comprendere le peculiarità sopra esposte, di seguito, si sintetizzano le varie situazioni.
Superminimi generici o con espressa clausola di assorbibilità
I superminimi generici, cioè quelle concessioni alle quale non è possibile ricondurre alcuna motivazione all’erogazione, sono quegli aumenti retributivi derivanti sia da contrattazione individuale, sia da contrattazione collettiva, che scontano il principio generale della riassorbibilità e non legittimeranno, quindi, la cumulabilità tra quanto già percepito dal lavoratore e quanto, eventualmente, sopraggiunto di aumento dalla contrattazione collettiva nazionale, sempreché le parti stipulanti il rinnovo del contratto collettivo nazionale, non abbiano espressamente manifestato la volontà di escludere tali aumenti contrattuali dalla previsione di assorbibilità.
Ovviamente, tali considerazioni saranno sempre coerenti fintanto che, gli aumenti contrattuali intervenuti, siano di importo inferiore a quanto percepito dal lavoratore a titolo di superminimo poiché, qualora tali spettanze fossero di valore superiore, le stesse, nei casi di assorbibilità, saranno ridotte fino ad esaurimento del superminimo e la parte residuale dovrà, comunque , cumularsi alle globali competenze individualmente erogate.
Superminimi per meriti
I superminimi per particolari meriti professionali imputabili al lavoratore destinatario di tale riconoscimento, sono quegli emolumenti convenuti individualmente per ragioni strettamente correlate a capacità professionali inerenti le mansioni svolte.
In tali casi, la natura del superminimo concesso sarà quella di incrementare i minimi contrattuali cumulandosi, così, anche con i miglioramenti derivanti dai rinnovi della contrattazione collettiva.
a cura di Fabio Licari
Consulente del Lavoro