La nuova procedura delle dimissioni per fatti concludenti

Con il Collegato Lavoro (Legge n. 203 del 13 dicembre 2024) entra in vigore la procedura di dimissioni per fatti concludenti attivabile, da parte del datore di lavoro, qualora il lavoratore si assenti dal posto di lavoro senza fornire alcuna giustificazione.
La procedura, operativa dal 12 gennaio 2025, è contenuta nell’articolo 26, del decreto legislativo 151/2015; in particolare, nel nuovo comma 7-bis.
Vediamo l’iter procedurale previsto dalla normativa.
Qualora il lavoratore abbandoni, per un determinato periodo di tempo, il posto di lavoro e non fornisca al datore di lavoro adeguata motivazione tale da giustificare l’assenza (ad esempio, un certificato di malattia, un impedimento a rientrare in Italia da un Paese estero, ecc.), quest’ultimo potrà attivare la procedura prevista al comma 7-bis, dell’articolo 26, valutando tale comportamento come disinteresse a proseguire l’attività lavorativa e volontà di recedere dal rapporto di lavoro.
Il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro, al di là del quale è possibile attivare la nuova procedura, è quello stabilito dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. In mancanza della previsione contrattuale, l’assenza deve essere superiore a quindici giorni.
Una volta superato questo limite, il datore di lavoro è abilitato a ritenere che l’assenza sia dovuta ad una volontà del lavoratore a dimettersi e come tale potrà concludere il rapporto di lavoro effettuando le seguenti comunicazioni:
- Unilav di cessazione al Centro per l’Impiego, con il giustificativo del recesso: “dimissioni volontarie”;
- PEC all’Ispettorato del Lavoro, territorialmente competente sul rapporto di lavoro, con l’informativa circa l’assenza ingiustificata commessa dal lavoratore.
Inoltre, una volta effettuate le comunicazioni obbligatorie, potrà elaborare la busta paga con le competenze di fine rapporto e, successivamente, compilare il flusso Uniemens inserendo il codice Tipo Cessazione «1Y», avente il significato di: “Risoluzione rapporto di lavoro articolo 26 DLgs 14 settembre 2015, n. 151, comma 7-bis”.
Da quel momento il lavoratore non sarà più obbligato ad attivare la procedura delle dimissioni telematiche per cessare il rapporto di lavoro e, qualora sia interessato, dovrà dimostrare l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.
Essendo l’assenza imputata ad una volontà del lavoratore di recedere, quest’ultimo non potrà fruire del trattamento dell’indennità di disoccupazione (NASpI), in quanto sarà considerato dimissionario. Di converso, il datore di lavoro non dovrà versare il contributo previsto dall’articolo 2, comma 31, Legge n. 92/2012, cd. Ticket Licenziamento.
Per quanto riguarda la comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro, questi i dati che dovranno essere inseriti nell’informativa:
- Dati della società, datrice di lavoro (nome, sede legale e sede operativa, CF, attività);
- Dati anagrafici del lavoratore;
- Ultimo indirizzo conosciuto del lavoratore;
- Eventuale numero di telefono ed email personale del lavoratore;
- Dati riguardanti il rapporto di lavoro (data di assunzione, tipologia contrattuale, sede di lavoro, livello, categoria e qualifica);
- Ultimo giorno di effettivo lavoro;
- Data del primo giorno di assenza ingiustificata (dies a quo);
- Giorni totali di assenza ingiustificata;
- La specifica circa la mancata autorizzazione ad assentarsi dal posto di lavoro;
- Il CCNL applicato, con la specifica dell’articolo che prevede i giorni massimi di assenza ingiustificata.
L’Ispettorato del Lavoro, una volta ricevuta l’informativa potrà avviare una verifica circa la veridicità della comunicazione ricevuta, che dovrà concludersi entro i successivi 30 giorni.
Durante la verifica, l’ispettore potrà contattare il lavoratore oggetto di comunicazione, altro personale impiegato presso il datore di lavoro e altri soggetti che potranno fornire elementi utili al fine di accertare se effettivamente il lavoratore non si sia più presentato presso la sede di lavoro, né abbia potuto comunicare la sua assenza.
La fine degli accertamenti potrà portare a due conclusioni diverse.
La prima, è la conferma di quanto comunicato dal datore di lavoro, in considerazione del fatto che l’ispettore non sia riuscito a contattare il lavoratore ovvero qualora abbia ricevuto informazioni in linea con quanto riferito dallo stesso datore di lavoro.
La seconda si realizza qualora l’Ispettorato accerti la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, ad esempio nel caso in cui il lavoratore riesca a dimostrare l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza. In questo caso, l’ispettore provvederà a comunicare alle parti l’inefficacia della risoluzione, in quanto non potrà trovare applicazione la risoluzione del rapporto di lavoro «per fatti concludenti». Con tale conclusione il lavoratore avrà diritto alla ricostituzione del rapporto di lavoro. Ricostituzione che non sarà decisa dall’ispettore del lavoro, ma da un giudice al quale il lavoratore dovrà rivolgersi per vedersi riconoscere l’inefficacia della procedura prevista dall’articolo 26, comma 7-bis, del decreto legislativo n. 151/2015 e di conseguenza la mancata attivazione delle dimissioni telematiche e quindi l’impossibilità di ritenere risolto il rapporto di lavoro.
La procedura, per quanto semplice nella sua esecuzione, nasconde alcune insidie che è il caso di evidenziare.
Innanzitutto, la norma non prevede alcuna forma di interazione che il datore di lavoro deve tentare con il lavoratore prima di avviare la procedura di risoluzione del rapporto di lavoro. In pratica, non viene richiesto un previo tentativo di comunicazione nei confronti del lavoratore, al fine di renderlo consapevole che l’assenza ingiustificata comporterà la conclusione del rapporto di lavoro.
Secondo dubbio riguarda la data di decorrenza delle dimissioni che dovrà essere presente nella comunicazione obbligatoria al Centro per l’Impiego. Ritengo che tale data debba essere quella successiva all’ultimo giorno di assenza ingiustificata, indicato dal CCNL, ovvero il sedicesimo giorno di assenza qualora la contrattazione collettiva non abbia disciplinato la materia.
Per quanto riguarda il calcolo dei quindici giorni di assenza ingiustificata, ritengo che si tratti di giorni lavorativi.
Una volta completata la procedura, sorge un’altra domanda: il datore di lavoro sarà autorizzato a recuperare anche il mancato preavviso, addebitando la relativa indennità nell’ultima busta paga? Il legislatore afferma che il rapporto di lavoro, in caso di assenza ingiustificata superiore ai termini indicati dalla legge, si intende risolto per volontà del lavoratore. Essendo, quindi, l’assenza qualificata come dimissioni volontarie contestuali, ritengo che l’azienda possa essere ammessa a trattenere l’indennità di mancato preavviso, come disposto dall’art. 2118, comma 2, del codice civile.
Autore: Dott. Roberto Camera