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28 Novembre 2018 | Approfondimenti tecnici

Il superminimo e il principio dell’assorbimento

Il superminimo è una voce retributiva accessoria, che può essere riconosciuta ai lavoratori dipendenti quale elemento ulteriore rispetto alla retribuzione base ed è ricompresa nell’imponibile contributivo e fiscale.

Tale emolumento può essere individuale o collettivo: nel primo caso (c.d. superminimo ad personam o di merito) è previsto da accordi tra il datore di lavoro ed il lavoratore in considerazione di specifiche qualità personali del prestatore ovvero di particolari situazioni di mercato; nel secondo caso (c.d. terzo elemento della retribuzione), invece, è erogato alla generalità dei dipendenti ovvero ai lavoratori inquadrati in un particolare livello o rientranti in una specifica categoria, per effetto di accordi collettivi.

A differenza dei superminimi collettivi, i superminimi individuali possono, nella generalità dei casi, essere assorbiti.

Sul punto si sono espresse plurime pronunce giurisprudenziali, ai fini di verificare l’assorbibilità o meno di tale voce retributiva a seconda delle fattispecie.

Generalmente la Giurisprudenza tende a riconoscere l’assorbibilità o meno del superminimo in relazione alla natura dello stesso, sondando dunque se esso sia corrisposto in ragione di particolari professionalità o prestazioni che si differenziano per qualità o quantità da quelle normalmente prestate da altri lavoratori inquadrati nel medesimo livello contrattuale e con mansioni formalmente equivalenti, o se comunque il dipendente svolga compiti ritenuti dall’azienda particolarmente meritevoli di una maggiore retribuzione.

Per maggior chiarezza si riporteranno di seguito massime giurisprudenziali che hanno esaminato specifici casi concreti, per comprendere in quali ipotesi il superminimo possa ritenersi assorbibile oppure no:

•    il superminimo non è considerato assorbibile allorché il contratto di assunzione preveda espressamente la non assorbibilità oppure qualora il dipendente riesca a dimostrare che il datore di lavoro abbia inteso corrispondere tale emolumento aggiuntivo alla retribuzione individuale quale compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e sia quindi sorretto da un autonomo titolo;

•    il superminimo è soggetto al principio generale dell’assorbimento in occasione dei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, tranne che sia da questa diversamente disposto, o che le parti abbiano attribuito all’eccedenza della retribuzione individuale la natura di compenso speciale sorretto da autonomo titolo, come specificato nel punto precedente;

•    il superminimo non costituisce titolo per operare una compensazione con differenze retributive per lavoro straordinario eventualmente dovute;

•    il superminimo non può essere assorbito dagli aumenti periodici di anzianità (c.d. “scatti di anzianità”);

•    il superminimo è soggetto al principio dell’assorbimento in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica o mansione ed a conseguente condanna del datore di lavoro alla corresponsione di differenze retributive. L’emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto escludendone l’assorbimento, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo.

Altra questione: il superminimo può venir meno o essere ridotto?

La risposta è affermativa, ma con alcune precisazioni.

Se il superminimo è individuale ed è frutto di una pattuizione tra le parti, può essere eliminato/ridotto o con l’esplicito consenso prestato sia dal datore di lavoro che dal dipendente, oppure mediante comportamento concludente del lavoratore che, vistosi eliminato/ridotto il superminimo, non abbia rivendicato il suo diritto. Non può essere ridotto, invece, da una previsione derivante dalla contrattazione collettiva.

Allo stesso modo, il compenso forfettario della prestazione resa oltre l’orario normale di lavoro accordato al lavoratore per lungo tempo, ove non sia correlato all’entità presumibile della prestazione straordinaria resa, costituisce attribuzione patrimoniale che, con il tempo, assume funzione diversa da quella originaria, tipica del compenso dello straordinario, e diviene un superminimo che fa parte della retribuzione ordinaria e non è riducibile unilateralmente dal datore di lavoro.

Qualora, invece, il superminimo sia collettivo, non è riducibile/eliminabile dalle parti ma solamente dalla successiva contrattazione collettiva.

Inoltre, in determinate ipotesi di mutamento della titolarità dell’azienda, quali i casi di fusione o di outsourcing (esternalizzazione) di ramo d’azienda, il lavoratore che si trovi a dipendere dall’acquirente perde il riconoscimento del superminimo e può eventualmente contrattarne uno differente con il nuovo datore di lavoro.

Vi sono anche casi in cui il superminimo può essere vietato. Per esempio, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto nulla la previsione di tale emolumento laddove sia corrisposto per ragioni discriminatorie ed antisindacali, quali ad esempio il suo riconoscimento esclusivamente in favore dei dipendenti che rinuncino ad esercitare il diritto di sciopero.

Avv. Roberta Amoruso