Il patto di non concorrenza
In costanza di rapporto lavorativo è previsto, ex art. 2105 c.c., l’obbligo di fedeltà del lavoratore verso il datore di lavoro. Tale obbligo si articola nel divieto per il dipendente di trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore e nel divieto di utilizzare in maniera pregiudizievole o divulgare notizie sull’impresa.
In alcuni ambiti, o nel caso di lavoratori altamente specializzati, è tuttavia possibile che l’azienda avverta la necessità di tutelarsi da possibili comportamenti concorrenziali dei propri dipendenti anche successivamente alla cessazione del rapporto lavorativo, quando il vincolo fiduciario è ormai venuto meno.
A tal proposito, uno strumento di tutela è previsto dall’art. 2125 c.c. che disciplina il c.d. patto di non concorrenza; trattasi di un accordo scritto con il quale il lavoratore vede una limitazione della propria libertà contrattuale e che proprio per questo motivo è soggetto ad una serie di limiti pena la sua nullità.
Di seguito i requisiti previsti per la validità del patto.
- Forma scritta
Il mancato rispetto della forma scritta comporta la nullità ad substantiam del patto. Non è invece necessario che il patto sia contenuto nel contratto di lavoro. La legge infatti, non prevede un momento preciso di stipula dello stesso, pertanto questa potrà avvenire contestualmente all’assunzione, in costanza di rapporto, all’atto di cessazione dello stesso o, addirittura – secondo una consolidata giurisprudenza – dopo la cessazione.
- Corrispettivo
L’assenza di un corrispettivo, come anche la previsione di compensi simbolici o sproporzionati rispetto al sacrificio imposto al lavoratore, comportano la nullità del patto.
Il corrispettivo è considerato congruo sulla base della misura della retribuzione, dell’estensione territoriale e oggettiva del divieto e infine della professionalità del dipendente.
La norma non parla espressamente di corrispettivo in denaro, è possibile quindi che le parti si accordino perché esso sia erogato con altre modalità (con la remissione di un debito, il godimento di un bene per un certo periodo, con altro compenso in natura, ecc.).
Le parti sono libere nella determinazione della struttura e dei tempi di pagamento del corrispettivo. Il datore può decidere di pagarlo:
- a) con cadenza mensilecontestualmente alla retribuzione;
- b) interamente al momento della cessazione del rapporto di lavoro con le competenze di fine rapporto;
- c) ratealmente dal momento in cui cessa il rapporto di lavoro per tutta la durata del vincolo.
- Oggetto
Il patto può riguardare qualsiasi attività in concorrenza con quella dell’imprenditore, purché ascrivibile al medesimo settore produttivo o commerciale dell’azienda. Il vincolo può investire anche mansioni non comprese fra quelle che costituiscono oggetto del contratto di lavoro in essere tra le parti, purchè si tratti sempre di attività in concorrenza.
- Luogo
La valutazione dei limiti territoriali è strettamente connessa a quella relativa ai limiti di oggetto. Sono ritenuti validi quei patti estesi all’intero territorio nazionale, o addirittura comunitario, a condizione che i limiti di oggetto siano circoscritti. In ogni caso è nullo il patto con cui viene compromessa ogni potenzialità reddituale da parte del lavoratore.
- Tempo
Il patto non può eccedere i 5 anni se riguarda i dirigenti ed i 3 anni per la generalità dei lavoratori. Qualora la durata non sia prevista o abbia una durata superiore a quella di legge, troverà applicazione il limite previsto dalla norma.
In caso di violazione del patto di non concorrenza da parte del lavoratore, il datore può chiedere:
- la restituzione del corrispettivo erogato;
- il risarcimento danni subiti.
Inoltre, a livello contrattuale è possibile prevedere l’aggiunta di una clausola penale al patto che si attiverà in automatico alla sua violazione.
L’unico strumento che consente al datore di inibire l’attività concorrenziale messa in atto dal lavoratore è dato dal ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
È solo il caso di accennare al fatto che il patto di non concorrenza presenta caratteristiche peculiari con riferimento ai lavoratori autonomi (art. 2596 c.c.) e agli agenti (art. 1751 bis c.c.).
di Emiliana Maria Dal Bon – consulente del lavoro