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16 Luglio 2021 | Approfondimenti tecnici

Il D.L. n. 99/2021: dal blocco dei licenziamenti agli ammortizzatori sociali

Il 30 giugno 2021 è entrato in vigore il D.L. n. 99/2021 riportante misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese.

In particolare, l’articolo 4 del decreto riporta diverse misure di rilievo giuslavoristico, ribadendo la fine del generico “blocco dei licenziamenti”, ossia del divieto di licenziamento individuale e collettivo nel settore industriale, al 30 giugno 2021 per le imprese che ricadono nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria ed al 31 ottobre 2021 per le imprese che utilizzino l’assegno ordinario o che ricorrano al trattamento in deroga alla cassa integrazione guadagni ordinaria o a quello della cassa integrazione salariale operai agricoli.

Tale previsione non si applica, tuttavia, a determinati settori.

Infatti, il “blocco dei licenziamenti” è stato prorogato sino al 31 ottobre 2021 per i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli di pelle e pelliccia, delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche Ateco2007, con i codici 13, 14 e 15.

Pertanto, tali datori di lavoro non potranno avviare le procedure di cui agli articoli 4 (rientro dalla cassa integrazione straordinaria e impossibilità di assicurare la ricollocazione a tutto il personale interessato), 5 (individuazione dei criteri per procedere al licenziamento collettivo nella fase finale della procedura) e 24 (imprese con più di 15 dipendenti che intendano effettuare almeno 5 licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni, in conseguenza di una riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro, in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive di una stessa provincia) della L. n. 223/1991.  

Sempre fino al 31 ottobre 2021 resta altresì preclusa a tali imprese, indipendentemente dal numero dei dipendenti impiegati, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.

Le sospensioni e le preclusioni descritte non si applicano nelle seguenti ipotesi:

  • cambio di appalto con riassunzione del personale interessato dal recesso e già impiegato nell’appalto, a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto;
  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 Cod. Civ.;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.
  • La norma precisa che a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento NASpI, laddove ricorrano i requisiti di cui al D.Lgs. n. 22/2015. Anche in tale ipotesi il datore di lavoro è tenuto al pagamento del contributo di ingresso alla NASpI nella misura ordinaria;
  • fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

Tuttavia, i citati datori di lavoro identificati con codice Ateco 13, 14 e 15, nel caso in cui sospendano o riducano l’attività lavorativa a decorrere dalla data del 1° luglio 2021, possono presentare, per lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto in esame, domanda di concessione del  trattamento ordinario di integrazione salariale di cui agli articoli 19 e 20 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31  ottobre  2021.

Il decreto stabilisce, inoltre, che per tali trattamenti, concessi nel limite massimo di spesa pari a 185,4 milioni di euro per l’anno 2021, non è dovuto alcun contributo addizionale.

Le istanze devono essere presentate entro la fine del mese successivo a quello nel quale ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario.

Dalla lettera del dettato normativo, sembra che non sia prevista, in tali casi, una specifica causale legata al Covid-19, pur essendo tale trattamento evidentemente frutto della situazione epidemiologica contingente.

In aggiunta alle misure sopra descritte, il D.L. n. 99/2021 ha prorogato di 6 mesi, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, l’integrazione salariale per le aziende che abbiano cessato l’attività o che ne siano a rischio.

La concessione di tale trattamento è condizionata al raggiungimento di un preventivo accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e delle Regioni interessate.

Inoltre, la norma in esame ha introdotto nel testo del D.L. n. 73 del 25 maggio 2021 (c.d. “Decreto Sostegni Bis”) l’articolo 40-bis, secondo cui le imprese che si trovino a fronteggiare particolari difficoltà e per le quali sia aperto un tavolo della crisi presso il Dicastero dello Sviluppo Economico e che non abbiano la possibilità di ricorrere ai trattamenti di integrazione di cui al D.Lgs. n. 148/2015 possono richiedere un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga per un massimo di 13 settimane da fruire entro il 31 dicembre 2021.

Infine, il D.L. n. 99/2021 ha istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato: “Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale” (FPCRP), con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per l’anno 2021. Il Fondo è finalizzato a contribuire al finanziamento di progetti formativi rivolti ai lavoratori beneficiari di trattamenti di integrazione salariale per i quali è programmata una riduzione dell’orario di lavoro superiore al 30%, calcolata in un periodo di 12 mesi, nonché ai percettori del trattamento NASpI.  

Autore: Avv. Roberta Amoruso