Conciliazione in materia di lavoro – La “sede sindacale” deve essere effettiva
Cambiano le regole di gestione del tentativo di conciliazione effettuato “in sede sindacale” e cioè la procedura conciliativa riguardante una vertenza in materia di lavoro, prevista dall’articolo 410 c.p.c., che può essere effettuata con l’assistenza di un sindacalista conciliatore (articolo 411 c.p.c.). In particolare, è stata circoscritta la sede ove tale risoluzione può realmente “blindare” il rapporto di lavoro, secondo quanto indicato nel verbale stesso.
Partiamo col dire che sono legittime e non impugnabili le rinunzie e transazioni, che hanno per oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge e di contratto collettivo, solo qualora vengano espresse all’interno di un verbale di conciliazione formalizzato dinanzi ad una delle sedi conciliative indicate nel 4° comma, dell’articolo 2113 del codice civile.
Si tratta:
- della Commissione di conciliazione presso l’Ispettorato del lavoro (articoli 410 e 411 c.p.c.),
- la sede prevista dal contratto collettivo applicato tra le parti (articolo 412-ter c.p.c.).
- dinanzi al giudice istruttore (articolo 1859 c.p.c.);
- presso il Collegio di conciliazione ed arbitrato irrituale (articolo 412-quater c.p.c.);
- presso la Commissione di certificazione in funzione conciliativa (articolo 82, comma 1, decreto legislativo n. 276/2003);
- in negoziazione assistita (e cioè con l’assistenza degli avvocati). Procedura introdotta dal Decreto Legislativo n. 149/2022 all’interno del Decreto-legge n. 132/2014 (articolo 2-ter);
- in sede sindacale (articolo 411 c.p.c.).
In merito a quest’ultima procedura, la Sezione lavoro, della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10065 del 15 aprile 2024, ha chiarito che in caso di conciliazione “in sede sindacale”, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 411 c.p.c., la protezione del lavoratore non è affidata unicamente alla assistenza del rappresentante sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene. Tali accorgimenti (figura del conciliatore e sede della conciliazione) si rendono necessari al fine di garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili e l’assenza di condizionamenti, di qualsiasi genere.
In pratica, i Supremi giudici hanno evidenziato non solo la figura del conciliatore e cioè il sindacalista, ma anche l’importanza della neutralità del luogo di stipula dell’accordo.
Infatti, secondo la Corte di Cassazione, il quarto comma dell’articolo 2113 del c.c., individua non solo gli organi dinanzi ai quali è possibile svolgere le conciliazioni che hanno ad oggetto i diritti rientranti nella disponibilità del lavoratore, ma anche le sedi ove ciò può avvenire, come emerge in modo inequivoco dal tenore letterale della norma.
Con tale interpretazione, la Cassazione ha escluso la possibilità, qualora la conciliazione venga effettuata ai sensi dell’articolo 411 c.p.c., che le parti possano validamente concludere un accordo conciliativo presso la sede del datore di lavoro o altra sede diversa da quella del sindacato.
In definitiva, l’assistenza prestata dal rappresentante sindacale, esponente della organizzazione sindacale cui appartiene il lavoratore o, comunque, dal medesimo indicato, deve essere effettiva e ha lo scopo di porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in che misura, così da consentire l’espressione di un consenso informato e consapevole. Inoltre, anche in virtù di questa recente sentenza della Cassazione, i luoghi selezionati dal legislatore hanno carattere tassativo e non ammettono, pertanto, equipollenze, sia perché direttamente collegati all’organo deputato alla conciliazione e sia in ragione della finalità che deve prevedere, per la partecipazione del lavoratore, un ambiente neutro, estraneo all’influenza della controparte datoriale.
Va da se, che tale limite territoriale non vige, ad esempio, in caso di negoziazione assistita, ovvero qualora l’accordo conciliativo venga effettuato tramite il collegio di conciliazione e arbitrato, previsto dall’art. 412-quater c.p.c., in quanto il legislatore non precisa il luogo ma la sola procedura da seguire.
Autore: Dott. Roberto Camera