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23 Gennaio 2019 | Approfondimenti tecnici

Causali e mansioni nel tempo determinato: attenzione alle variazioni

L’ultima riforma del diritto del lavoro, veicolata dal Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018, convertito con L. n. 96/2018), ha creato un certo scompiglio nella disciplina del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, ponendo moltissimi dubbi che non potranno che essere risolti in via giurisprudenziale.

Nell’attesa che intervengano, non prima di qualche anno, le prime pronunce aventi ad oggetto le nuove disposizioni, una riflessione può essere fatta prendendo a riferimento i principi che la Corte di Cassazione ha recentemente dettato in materia di causali apposte al contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, seppur con riferimento alla vecchia normativa (D.lgs. n. 368/2001, cd. causalone).

In una controversia relativa alla validità di un contratto a tempo determinato (stipulato ai sensi dell’abrogato D.lgs. n. 368/2001) la Corte di Cassazione (Cass. 12 settembre 2018, n. 22188) si è recentissimamente pronunciata dichiarando l’invalidità del contratto stesso poiché la lavoratrice era stata adibita ad attività diverse e non direttamente afferenti a quelle del «progetto di gestione ottica documentale» che costituivano oggetto della causale.

Dalla decisione della Corte deriva il principio secondo il quale, al fine di considerare legittimo il contratto a termine, è essenziale non solo la specifica, precisa e puntuale indicazione delle ragioni determinative che giustificano il ricorso al tempo determinato, ma anche l’effettiva e diretta utilizzazione del lavoratore nell’ambito e nelle attività indicate ai fini dell’assunzione.

La Cassazione ha in primo luogo precisato che spetta al datore di lavoro specificare le causali in apposito atto scritto al fine di assicurare trasparenza e veridicità alle medesime, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto. Ciò significa che non ci si può limitare al solo richiamo alle espressioni previste dalla legge, bensì le causali previste dal Decreto Dignità vanno dettagliate come segue:

•    esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività (art. 19, comma 1, lett. a, I periodo, D.L. n. 87/2018): l’esigenza di disporre di un lavoratore in più deve avere una durata limitata nel tempo, essere non stabile o definitiva, deve poggiare su situazioni concrete e deve riferirsi ad un’attività non normalmente svolta in azienda. Le mansioni affidate al lavoratore devono quindi essere diverse da quelle dei lavoratori già presenti in azienda e che effettuano attività di routine;

•    esigenze di sostituzione di altri lavoratori (art. 19, comma 1, lett. a, II periodo, D.L. n. 87/2018): devono essere indicati il nominativo della persona da sostituire e il motivo della sua assenza.

Il termine viene a coincidere sostanzialmente con la data di cessazione della ragione che ha determinato l’assunzione a tempo determinato (per esempio, il ritorno della lavoratrice dal congedo di maternità). Non è necessario che il lavoratore assunto vada a ricoprire esattamente la stessa posizione del lavoratore sostituito, sempre che vi sia una correlazione, di tipo causale, tra l’attività dei due prestatori;

•    esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’ordinaria attività (art. 19, comma 1, lett. b, D.L. n. 87/2018): occorre non solo un aumento improvviso, ossia non programmabile, dell’attività, ma anche che sia significativo al punto tale da non poter essere affrontato con il personale già in forza.

In secondo luogo occorre che dal contratto emerga una reale corrispondenza tra causali e mansioni concretamente affidate al lavoratore: non solo è richiesta una puntuale esposizione delle ragioni aziendali che giustificano l’apposizione di un termine al contratto, ma è anche posta come condizione essenziale l’effettiva adibizione del lavoratore a quelle mansioni che permettono di soddisfare la causale.

Ne consegue che compete al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi, è esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di dette ragioni, valutando ogni elemento idoneo a darne riscontro, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto.

Alla luce di quanto esposto, è opportuno in conclusione sottolineare che non solo occorre adibire effettivamente il lavoratore alle mansioni indicate ai fini dell’assunzione, ma anche fare attenzione ad eventuali variazioni di attività e mansioni assegnate al prestatore nel corso del rapporto di lavoro perché queste potrebbero determinare una variazione della causale originariamente apposta al contratto. 

di Emiliana Maria Dal Bon – consulente del lavoro