Addio al lavoro accessorio e ai voucher. Si ricercano strumenti alternativi.
Con il D.L. n. 25 del 17 marzo 2017 (ancora in attesa di conversione) sono stati abrogati gli articoli da 48 a 50 del D.Lgs. n. 81 del 2015, disciplinanti il lavoro accessorio. Il Governo ha deciso di intervenire in tal senso per evitare il referendum acclamato dalla CGIL, che nel 2016 ha avviato la campagna referendaria per l’abrogazione dei voucher, spesso utilizzati per celare il lavoro irregolare.
Dopo il vaglio in Commissione Lavoro alla Camera di diverse proposte di modifica della disciplina normativa, si è optato infine per l’integrale abrogazione del lavoro accessorio.
Il decreto legge ha, tuttavia, previsto che i voucher già acquistati al 17 marzo 2017 (circa 35 milioni) potranno essere utilizzati sino al 31 dicembre 2017. Il Ministero del Lavoro, con nota del 21 marzo 2017, ha poi precisato che per i buoni già acquistati si dovranno seguire le norme previgenti.
Al momento, si pone il problema dell’individuazione di strumenti alternativi al lavoro accessorio. All’abrogazione del medesimo, infatti, sono seguite accese proteste da parte non solo di numerose categorie imprenditoriali ma anche delle famiglie che ricorrono a colf, badanti, babysitter, giardinieri, etc.
I settori che più risentiranno di questa abrogazione sono quello alberghiero e della ristorazione e, a seguire, il commercio, l’artigianato ed il manufatturiero. Le regioni maggiormente interessate sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Per tali ragioni, il Ministro del lavoro Giuliano Poletti ha annunciato l’intenzione di approntare in breve tempo un nuovo strumento contrattuale che possa far fronte alle esigenze cui precedentemente rispondeva il lavoro accessorio, ma che sia più agile e trasparente di quest’ultimo.
Per il momento, lo strumento più simile all’ormai superato lavoro accessorio sembrerebbe il contratto di lavoro intermittente (altrimenti detto “lavoro a chiamata” o “job on call”), disciplinato dagli articoli da 13 a 18 del D.Lgs. n. 81 del 2015.
Il contratto di lavoro intermittente è un contratto di lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato), mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente, anche per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Tale contratto può essere stipulato:
- per esigenze individuate dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro o per attività rientranti tra quelle elencate nel Decreto Regio n. 2567 del 1923;
- con lavoratori con meno di 24 anni (purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno di età) o con più di 55 anni di età.
Con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari (intesi come il periodo mobile di 1.095 giorni di calendario). In caso di superamento del predetto periodo, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. In tal caso, al lavoratore spetta un’indennità di disponibilità.
Similmente a quanto precedentemente previsto per il lavoro accessorio, anche nel caso in cui voglia ricorrere al lavoro a chiamata il datore di lavoro è obbligato ad informare l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
La comunicazione deve avvenire mediante apposito servizio informatico con accesso al portale www.cliclavoro.gov.it, via e-mail all’indirizzo intermittenti@pec.lavoro.gov.it, tramite l’App Lavoro Intermittente, oppure, in caso di prestazione da rendersi entro dodici ore, mediante sms al numero 3399942256.
La violazione di tale obbligo comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro per ogni lavoratore relativamente al quale è stata omessa la comunicazione.
Sebbene anche il contratto di lavoro intermittente, al pari del contratto di lavoro accessorio, sia stato introdotto dalla c.d. “Legge Biagi” (D.Lgs. n. 276/2003) allo scopo di combattere il lavoro irregolare, tuttavia si presenta come uno strumento meno agile e più costoso rispetto a quello abrogato.
Innanzi tutto, come già anticipato, non sempre è possibile ricorrervi, per via dei limiti di età del prestatore e di durata della prestazione, o a seconda delle previsioni del contratto collettivo applicato o del settore in cui opera il datore di lavoro. Si evidenzia, peraltro, che attualmente il Governo sta valutando la proposta di rimuovere tali limiti.
Inoltre, il contratto a chiamata è un vero e proprio contratto di lavoro subordinato e la sua stipulazione comporta la maturazione, in relazione al lavoro effettuato, di elementi quali Tfr, ferie, ex festività e ratei di mensilità aggiuntive.
Per tali ragioni, ci si auspica che il Governo intervenga al più presto per colmare l’attuale vuoto normativo, approntando uno strumento contrattuale agile, flessibile, poco costoso ed in grado di combattere il lavoro irregolare.
Avv. Roberta Amoruso