Profughi Ucraina: Protezione Temporanea – Quali Le Disposizioni In Italia?
È possibile procedere all’assunzione di profughi ucraini in Italia? A tal fine è sufficiente il solo tagliandino di richiesta? Quale la procedura operativa? Presentiamo richiesta di nulla osta nell’ambito delle vigenti quote previste dal decreto flussi?
Con decisione 2022/382 in vigore dal 04.03.2022, la Commissione Europea ha stabilito l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati che hanno lasciato l’Ucraina a seguito di conflitto armato, richiedendo l’attivazione della Direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea.
La decisione del Consiglio europeo costituisce uno strumento di solidarietà europea, che produce effetti erga omnes, è cioè vincolante per tutti gli Stati membri UE. La protezione temporanea si applica pertanto a tutti gli Stati dell’Unione, a prescindere dal fatto che questi ultimi abbiano approvato o meno all’unanimità l’attivazione dello strumento previsto nella Direttiva. Per completezza, la Decisione 2022/382 si applica per sua espressa previsione all’Irlanda, ma non alla Danimarca per via dell’opt-out dal sistema europeo comune di asilo.
Sul fronte, i singoli stati dovrebbero dare attuazione alla decisione per mezzo di un idoneo strumento interno. In Italia, in applicazione dell’art 20 del TU Immigrazione e dell’art. 3 del D.Lgs. 85/2003, la decisione è recepita con il DPCM – nel caso di specie il DPCM del 28 marzo 2022.
A livello operativo sono intervenute diverse ordinanze del Dipartimento della Protezione Civile:
- ordinanza n. 872, del 4 marzo scorso, denominata “Disposizioni urgenti di protezione civile per assicurare, sul territorio nazionale, l’accoglienza il soccorso e l’assistenza alla popolazione in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina” (di seguito anche OCDPC n. 872);
- l’ordinanza n. 873, dello stesso dipartimento, denominata “Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per assicurare, sul territorio nazionale, l’accoglienza, il soccorso e l’assistenza alla popolazione in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina”.
Percorriamo insieme le vigenti disposizioni in Italia.
Rispondendo alla ratio insita nella protezione temporanea, strumento a reazione rapida di tutela della condizione dei profughi attraverso le strutture preposte all’accoglienza e asilo nei singoli stati membri, il DPCM del 28 marzo u.s. riporta disposizioni funzionali a consentire l’accesso di queste persone al mercato del lavoro nonché ai servizi sanitari e assistenziali presenti in Italia, alla stessa stregua dei cittadini italiani.
Innanzitutto, come previsto a livello comunitario, la protezione temporanea avrà durata pari a 1 anno decorrente dal 4 marzo scorso (data di entrata in vigore della decisione 2022/382).
I soggetti compresi dal campo di applicazione della norma sono (ai sensi dell’art 1 del DPCM):
- i cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
- i cittadini di Stati terzi o apolidi che beneficiavano della protezione internazionale o di protezione equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
- i familiari delle persone indicate alle lett. a) e b). Ovvero:
- coniuge o partner anche senza vincolo di matrimonio purché vi sia una relazione stabile;
- figli minori (legittimi, naturali o adottati) del richiedente o del coniuge (sembrerebbe non del partner di fatto);
- altri parenti stretti che vivevano insieme come parte del nucleo familiare nel periodo in cui gli eventi hanno determinato l’afflusso massiccio e che erano totalmente o parzialmente dipendenti dal richiedente il ricongiungimento in tale periodo.
- apolidi e cittadini di paesi terzi (diversi dall’Ucraina) che possono dimostrare che soggiornavano in Ucraina al 24 febbraio 2022 in forza di un permesso di soggiorno permanente, conforme alle disposizioni Ucraine, e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese d’origine.
In merito ai diritti dei soggetti annoverati nel campo di applicazione, la decisione del Consiglio Europeo si distingue come abbastanza garantista, estendendo loro:
- un titolo di soggiorno che consenta loro di soggiornare regolarmente all’interno del territorio dello Stato membro in cui si trova, per la durata della protezione stessa;
- il diritto di esercitare qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo, nonché di partecipare ad attività nell’ambito dell’istruzione per adulti, della formazione professionale e delle esperienze pratiche sul posto di lavoro;
- il diritto di essere “adeguatamente alloggiato” o di ricevere, se necessario, i mezzi per ottenere una abitazione;
- l’aiuto necessario in termini di assistenza sociale, di contributi al sostentamento e di cure mediche (comprendente quanto meno le prestazioni di pronto soccorso ed il trattamento essenziale delle malattie), laddove egli non disponga di risorse sufficienti. È previsto che gli Stati membri forniscano in ogni caso assistenza socio-sanitaria alle persone che presentino esigenze particolari;
- il diritto di accedere, se minore, al sistema educativo, a parità di condizioni con il cittadino dello Stato membro.
Sulla scorta di tali previsioni, anche il legislatore nazionale riconosce, ai soggetti indicati all’art 1 del DPCM, la possibilità di soggiornare in Italia, di accedere al mercato del lavoro, le tutele sanitarie, sistemi di accoglienza nonché di inserimento scolastico dei minori.
Lavoro e riconoscimento della protezione temporanea
Con particolare riferimento alla possibilità assunzione in Italia, l’ordinanza del Dipartimento della Protezione Civile n. 872, del 4 marzo scorso, prevede all’art 7 (rubricato “Disposizioni in materia di Lavoro”) la possibilità di procedere ad assunzioni sia in forma subordinata, anche stagionale, che autonoma anche sulla base della sola richiesta di permesso di soggiorno presentata alla competente questura. Il tutto in deroga al sistema delle quote di ingresso programmate.
Concretamente, il permesso viene richiesto e rilasciato, ai soggetti di cui all’art 1 del DPCM, dalla questura territorialmente competente per luogo di domicilio del soggetto, gratuitamente e in formato elettronico.
La validità di questo documento è necessariamente condizionata dal periodo di validità della protezione temporanea, cesserà pertanto di produrre effetti in conseguenza dell’adozione di provvedimento di cessazione della stessa da parte del Consiglio dell’Unione europea. In caso di assenza di disposizioni da parte del Consiglio, il permesso si rinnova tacitamente di sei mesi in sei mesi, il tutto per non più di un anno complessivamente.
Inoltre, il titolare del permesso di soggiorno per protezione temporanea può presentare in qualsiasi momento domanda di protezione internazionale. Tuttavia, il riconoscimento della protezione internazionale preclude l’accesso al beneficio della protezione temporanea.
Qualora sussistano ragionevoli motivi per considerare il richiedente un pericolo per la sicurezza dello Stato e laddove ricorrano le casistiche previste dall’art 5 co 1 e 2 del Dlgs 85/2003, il permesso per protezione temporanea è escluso. Questo tuttavia, non esclude la possibilità per il soggetto di presentare domanda di protezione internazionale ex dlgs 25/2008, peraltro, nel caso di presentazione di quest’ultima domanda il soggetto non potrà essere allontanato dal territorio italiano (ex art 19 co 1 TUI).
Assistenza e accoglienza
Il DPCM prevede l’accesso, dei soggetti coinvolti dalle disposizioni in oggetto, alle misure assistenziali.
In primis, è garantita loro l’assistenza sanitaria, a parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, previa iscrizione all’Asl di domicilio per l’attribuzione del medico di base o del pediatra di libera scelta. Fino alla richiesta del permesso di soggiorno è comunque garantita l’assistenza sanitaria con le modalità previste dall’art 35 del D.Lgs 286/98, mediante iscrizione attraverso rilascio del codice STP-straniero temporaneamente presente da parte di strutture abilitate.
Per quanto all’accoglienza dei profughi ucraini e dei soggetti di cui all’art 1 del DPCM sono intervenute principalmente due ordinanze: OCDPC n. 872 del 4 marzo scorso e la OCDPC n. 873 dello scorso 6 marzo, che si aggancia alla prima fornendo ulteriori disposizioni di carattere sanitario.
In particolare con OCDPC n. 872, è prevista la predisposizione di un piano di interventi regionale in relazione:
- alla definizione logistica per il trasporto delle persone;
- alle soluzioni urgenti di alloggiamento e assistenza temporanee;
- all’assistenza sanitaria delle persone;
- all’assistenza immediata degli ingressi nelle regioni di confine.
Si rimette alla competenza regionale la definizione di sistemi di accoglienza e strutture alloggiative, ribadendo la centralità del ruolo attribuito in materia ai Prefetti, in particolare con riferimento al seguente perimetro d’azione:
- rafforzamento della rete nazionale di accoglienza, con implementazione dei circa 5mila nuovi posti per i CAS e di 3mila disponibilità aggiuntive della rete del Sistema di Accoglienza e Integrazione – SAI;
- estensione anche ai profughi ucraini della riserva di posti della rete SAI incrementata a seguito della crisi afghana e originariamente destinata esclusivamente a detti profughi;
- accesso da parte dei profughi ucraini alle strutture CAS/SAI anche in assenza della qualità di richiedente protezione internazionale o di altri titoli di accesso previsti dalla norma vigente.
In considerazione della persistente presenza del Covid-19, nelle sue varianti, con OCDPC 873 sono indicate le seguenti istruzioni operative, connesse all’applicazione delle disposizioni comunicate con ordinanza OCDPC 872.
In particolare, si precisa che i cittadini ucraini provenienti dall’Ucraina e i soggetti provenienti comunque dall’Ucraina a seguito del conflitto in atto, che arrivano in Italia, possono accedere ai posti CAS/SAI previa effettuazione di un tampone molecolare o antigenico per SARS-CoV-2 (nel primo caso entro 72 ore e nel secondo 48 ore dall’ingresso) che accerti l’esito negativo.
Inoltre in coerenza con quanto previsto nella circolare del Ministero della Salute del 3 marzo 2022, anche i soggetti citati sono tenuti all’osservanza della quarantena di cinque giorni successivi al tampone di cui al periodo precedente, fatto salvo il caso in cui siano in possesso di green pass di certificazione vaccinale.
Autori:
Dr. Dario Ceccato – Founding partners Ceccato Tormen Partners
Dr.ssa Fabiola Giornetta – Senior partners Ceccato Tormen Partners