Il congedo di maternità
Congedo di maternità: quando dura più di 5 mesi
L’ordinamento italiano, per dare attuazione al dettato costituzionale riguardante la tutela della donna lavoratrice, disposto dall’art. 37 della Costituzione Italiana, prevede diversi strumenti. Le indicazioni dell’ordinamento giuridico si concretizzano in un apparato di tutele normative e incentivi economici messi a disposizione della lavoratrice madre o puerpera. Nello specifico, l’art. 2110 del codice civile, stabilisce la necessità di garantire un sostegno economico alla donna in stato di gravidanza o di puerperio, il D.Lgs. 151 del 2001 disciplina il sostegno e tutela della maternità e paternità con particolare attenzione alle diverse tipologie di congedi per l’astensione dal lavoro.
Il congedo di maternità o di paternità
Il dettato normativo del D.Lgs. 151/2001 recita: “per “congedo di maternità” si intende l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice. Per “congedo di paternità” si intende l’astensione dal lavoro del lavoratore, fruito in alternativa al congedo di maternità”. Il periodo di astensione dal lavoro, precedentemente individuato nella normativa come astensione obbligatoria, dà diritto alla lavoratrice che ne fruisce di ricevere un’indennità a sostegno del reddito. L’art. 22 del Testo Unico fissa tale indennità giornaliera nell’80% della retribuzione media giornaliera del mese precedente l’inizio dell’evento. Queste somme legate alla maternità sono a carico dell’INPS; gli importi sono anticipati alla lavoratrice/al lavoratore dal datore di lavoro, che poi li andrà a recuperare all’atto del versamento dei contributi nel mese.
Durata del congedo di maternità
In relazione alla nascita del figlio, il legislatore ha previsto misure di sostegno per i dipendenti fino al compimento dell’età di 12 anni da parte del bambino. Tali misure sono legate, oltre che al periodo di gestazione in senso stretto, anche a successive vicende relative alla crescita e all’eventuale malattia del figlio. In considerazione dell’oggetto del presente contributo, appare opportuno soffermarsi sulle caratteristiche temporali dell’astensione obbligatoria.
Il periodo individuato dalla normativa è, di norma, pari a 5 mesi e intercorre tra i due mesi precedenti alla data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto. Il periodo può, tuttavia, essere soggetto a variazioni.
Aumento del periodo di congedo
Nella prima casistica di variazione di tale periodo, l’anticipazione del periodo di congedo può essere concessa per motivi legati alla salute della gestante o del nascituro. L’organo competente a concedere l’astensione anticipata dal lavoro in relazione alle condizioni di salute della gestante è, a far data dal 1° Aprile 2012, l’ASL. Una volta accertata la situazione della lavoratrice e il diritto della stessa all’astensione anticipata, l’ASL dispone l’interdizione dal lavoro. La richiesta deve essere avanzata dalla lavoratrice.
La seconda casistica non riguarda complicazioni sorte nell’arco del periodo di gravidanza o altro genere di malattia, ma è connesso alle condizioni di lavoro, in particolar modo all’ambiente lavorativo: viene disposta l’interdizione dal lavoro se le condizioni di lavoro o ambientali sono ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino oppure quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni. L’organo deputato al rilascio del provvedimento è la DTL competente per il territorio. Questa, dopo gli accertamenti, concede o meno l’interdizione anticipata alla dipendente. La richiesta di maternità anticipata può essere richiesta dal datore di lavoro o disposta d’ufficio dalla stessa DTL (nel caso di attività di lavoro pericolosa/faticosa/insalubre).
La terza casistica riguarda il parto prematuro che si verifichi all’interno dei due mesi di interdizione ante partum, ossia quando il congedo obbligatorio ante partum è già iniziato: per tali eventi il congedo post partum durerà i 3 mesi dopo il parto più i giorni di congedo ante partum non goduti.
La quarta casistica riguarda il caso del parto fortemente prematuro, ossia i casi in cui la nascita avviene prima dell’inizio del congedo obbligatorio: alla lavoratrice spettano, in aggiunta ai 5 mesi ordinari, anche i giorni che vanno dalla nascita alla data in cui sarebbe iniziato il congedo obbligatorio. La previsione ha generato dibattito nel primo periodo di applicazione, a causa della difficoltà di individuazione del periodo. Ad oggi la circolare INPS n. 69 del 2016 ha sciolto ogni dubbio interpretativo.
La quinta casistica, ai sensi dell’art.17 comma 1 del D.Lgs. 151/2001, dispone l’anticipo dell’interdizione a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli in base a decreti del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. Fino all’emanazione del primo decreto ministeriale, l’anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
L’ultima casistica è connessa allo svolgimento di lavori vietati in quanto pericolosi, faticosi o insalubri, o all’esposizione a radiazioni ionizzanti, in questo caso l’astensione potrebbe durare l’intero periodo di gravidanza ed essere prolungata fino a sette mesi di età del figlio. Anche in questo caso la proroga è concessa dalla DTL competente.
Flessibilità e variazioni del periodo di congedo
Il periodo di fruizione del congedo di maternità può subire un altro tipo di variazioni: la flessibilità e la sospensione.
La flessibilità del periodo di maternità non è generata da eventi particolari, ma è una caratteristica intrinseca al congedo. Per effetto di essa il periodo non subisce variazioni in relazione alla durata, ma ha la possibilità di traslare nel tempo. La lavoratrice, infatti, può scegliere di spostare in avanti la fruizione del periodo di congedo, fino al mese prima del parto quale termine massimo. Per accedere alla flessibilità, la lavoratrice deve essere autorizzata da un medico specialista e dal medico aziendale. I certificati da allegare alla richiesta sono pertanto due. Tale autorizzazione deve essere rilasciata durante il settimo mese di gestazione, con la certificazione che la prestazione lavorativa durante l’ottavo mese non arrecherebbe pregiudizio alla salute del feto.
L’ulteriore casistica, prevista dall’art. 16 bis del D.lgs. 151/2001, introdotto dai D.Lgs. 80/2015 e 148/2015, è quella del ricovero del neonato in struttura pubblica o privata. Tale evento dà alla madre il diritto di sospendere il congedo di maternità e di godere del congedo dalla data di dimissione del bambino. Tale diritto può essere fruito una sola volta per ogni figlio e la disposizione è stata estesa anche ai casi di adozione o affidamento di minore.
Certificato e domanda
Il primo obbligo che grava in capo alla dipendente è la presentazione al datore di lavoro del certificato medico che riporti la data presunta del parto. Tale certificato, successivamente dovrà essere inviato anche all’INPS e dovrà riportare, oltre alla data presunta del parto, le generalità della lavoratrice e del datore di lavoro presso il quale è impiegata, nonché il mese di gestazione in cui si trova la dipendente. Altro passo fondamentale perché venga riconosciuta l’indennità spettante è l’invio telematico all’INPS della domanda di indennità di maternità. La domanda deve essere presentata all’INPS e al datore di lavoro entro due mesi precedenti alla data presunta del parto. Per accedere al periodo di astensione seguente il parto, la dipendente dovrà consegnare al datore di lavoro e all’INPS, nel termine (ordinatorio) di 30 giorni a partire dalla data del parto, il certificato da cui risulti l’evento.
Dott. Dimitri Cerioli