000
FORM-APP È SPECIALIZZATA NELLA FORMAZIONE IN AZIENDA

15 Gennaio 2021 | Approfondimenti tecnici

L’esonero contributivo quale alternativa agli ammortizzatori sociali

1.    Premessa: l’esonero contributivo dal decreto “agosto” alla legge di bilancio 2021.

Ormai è chiaro.

Il Legislatore, con decorrenza dal 13 luglio 2020, ha fatto propria quella esigenza, più volte manifestata dalle associazioni datoriali, in ordine alla quale la mera strategia difensiva caratterizzata dalla concessione di ammortizzatori sociali nelle loro molteplici forme (art 18 e 22 quater del D.L. n°18/2020) possa essere alternata ad uno strumento maggiormente “offensivo” quale l’esonero contributivo.

Dapprima istituito con il D.L. n°104/2020 (decreto “Agosto”), tale disposizione ha trovato accoglimento anche nel D.L. n°137/2020 (decreto “Ristori”) per poi, cronologicamente, venir confermata a mezzo della legge di conversione n°176 pubblicata il 18 dicembre 2020 e, da ultimo, successivamente confermato a mezzo della L. n°178/2020 (legge di bilancio 2021) all’art 1 comma 306.

Pragmaticamente, almeno dal punto di vista iniziale, l’ombra di un possibile lockdown (manifestatosi poi concretamente il 24 ottobre 2020 e il 03 novembre 2020) aveva fatto desistere o, quantomeno, guardare con circospezione, quelle aziende ingolosite da una possibile richiesta di esonero “agostano” (art 3).

In effetti la scelta imprenditoriale in ordine alla quale la richiesta dell’esonero contributivo fosse alternativa alla (im)possibilità di richiedere integrazioni salariali nel periodo dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 non ha deposto a vantaggio dell’esonero stesso. Come sarebbe stato possibile chiedere questa forma di riduzione del costo contributivo se, azionandola, avremo compromesso la possibilità di contrastare un lockdown governativo?

Forse proprio per tale aspetto, l’art 12 comma 15 del D.L. n°137/2020 ha, con una formula lessicale da chiarire (e non ancora chiarita), consentito, da un lato, di poter richiedere un esonero “parziale” a mezzo di rinuncia dello stesso e, dall’altro, la chance di azionare ammortizzatori sociali decorrenti dal 16 novembre 2020 per un massimo di sei settimane.

Non solo. La Legge di conversione del decreto in parola (Legge n°176/2020) ha introdotto una nuova disposizione che meriterà sicuramente la massima attenzione di ogni interprete.

 

2.    Il quadro normativo

Facciamo ordine.

L’art. 1 del decreto n°104 del 14 agosto ha disposto, pacificamente, la possibilità di azionare periodi di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga, per una durata massima di n°9 settimane (esenti da contributo addizionale), incrementabili di successive n°9 settimane. Entrambi i periodi devono collocarsi tra il 13 luglio e il 31 dicembre.

I periodi devono ritenersi legati a un filo unico, a mezzo di una “consecutio” che consente di richiedere le seconde n°9 settimane solo se le prime risultino autorizzate.

Inoltre, per la prima volta, viene introdotto, per la richiesta delle ulteriori nove settimane, un contributo addizionale eventuale, legato al raffronto (degrado) del fatturato aziendale.

Come noto il disposto normativo in trattazione prevede un contributo del 9% da quantificarsi sulla retribuzione persa dai lavoratori (comprensiva di mensilità aggiuntive, come precisato dalla circolare Inps n°9 del 19 gennaio 2017) se dal raffronto del fatturato dell’azienda del primo semestre 2020 e quello del primo semestre 2019 emerge una riduzione inferiore al 20%.

Il contributo aumenta al 18% per le aziende che non hanno avuto alcuna riduzione di fatturato, mentre viene azzerato se la riduzione del fatturato è pari o superiore al 20% e per quelle aziende che hanno avviato l’attività dal 2019.

 

Alternativamente a quanto sopra, l’art. 3 del decreto “Agosto” ha, sempre con inventiva rispetto al passato, stabilito che ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui sopra e che abbiano fruito nei mesi di maggio e giugno dei trattamenti di integrazione salariale è riconosciuto l’esonero dei contributi a loro carico per un periodo massimo di n°4 mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi INAIL riparametrato e applicato su base mensile.

Nel merito è intervenuta l’INPS, con circolare n°105/2020, chiarendo come il benefico in parola possa trovare collocazione nelle singole unità produttive, consentendo, dunque, un distinguo tra richieste di ammortizzatori sociali e richieste di esonero per unità non coincidenti.

Non dobbiamo dimenticare, ad ogni modo, che l’esonero in parola rientra nel novero di quegli aiuti di Stato concessi secondo le modalità ed i limiti previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 ed è sottoposto alla autorizzazione della Commissione Europea (la quale risulta consegnata all’Italia in data 10 novembre 2020).

Il tetto massimo del valore concedibile ad azienda non potrà dunque superare l’importo pari ad euro 800.000, somma che dovrà considerare una moltitudine di agevolazioni tra le quali, a mero titolo esemplificativo, l’IRAP (art 24 D.L. n°34/2020).

 

Con la pubblicazione dell’art 12 del D.L. n°137 del 2020 si è altresì previsto che ai datori di lavoro privati che non richiedono i trattamenti disciplinati dal medesimo articolo (quindi le celeberrime ulteriori n°6 settimane decorrenti dal 16 novembre 2020 e con termine astratto al 31 gennaio 2021) è riconosciuto l’esonero dei contributi di cui all’art. 3 del decreto legge 104 del 14 agosto 2020 per un ulteriore periodo massimo di n°4 settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di cassa integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.

 

A complicare l’esistenza, se mai ve ne fosse stato bisogno, interviene l’innovativo comma 15 il quale recita “datori di lavoro privati che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104” è consentito di poter “rinunciare  per  la frazione  di  esonero  richiesto  e  non  goduto  e   contestualmente presentare  domanda  per  accedere  ai  trattamenti  di  integrazione salariale di cui al presente articolo”.

Tale innovazione, il cui impianto è stato ripetuto dalla legge di bilancio, consente di effettuare una richiesta di fruizione dell’esonero (divenuto elettivamente parziale) con contestuale possibilità di poter avvalersi delle integrazioni salariali disposte dal decreto “Ristori” (con decorrenza dal 16 novembre).

 

3.    Le istruzioni Inps

Alla data di redazione del presente contributo, gli unici chiarimenti rimessi dall’INPS sono riferiti alla pubblicazione della circolare n°105 del 18 settembre 2020 e del messaggio n°4254 del 13 novembre 2020 che qui possono essere riassunti:

–    i datori di lavoro dovranno inoltrare tramite il cassetto previdenziale, richiesta di attribuzione del codice di autorizzazione “2Q”;

–    la richiesta deve essere inoltrata prima della trasmissione della denuncia contributiva relativa al primo periodo retributivo in cui si intende esporre l’esonero;

–    il codice ha validità dal mese di agosto 2020 fino al mese di dicembre 2020;

–    l’effettivo ammontare dell’esonero fruibile non potrà superare la contribuzione datoriale dovuta nelle singole mensilità in cui ci si intenda avvalere della misura, per un periodo massimo di quattro mesi, fermo restando che l’esonero potrà essere fruito anche per l’intero importo sulla denuncia relativa ad una sola mensilità, ove sussista la capienza.

Chiaramente non vi sono, ad ora, conferme o precisazioni in relazione alla possibilità di “rinuncia” comunque disciplinata dal comma 15 dell’art 12 del D.L. n°137/2020.

 

4.    La conversione in legge del “ristori” e la Legge n°178/2020

In un quadro quanto mai complesso, la novella al comma 15 dell’art 12 introdotta dalla Legge 176/2020, quale conversione in legge del decreto “ristori”, rappresenta una novità inedita e sicuramente di difficile applicazione. Giova riportare l’integrale comma, per una migliore comprensione:

 

“15. I datori di lavoro privati che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, ((convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126)), possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo.
La facoltà di cui al periodo precedente può essere esercitata anche per una frazione del numero dei lavoratori interessati dal beneficio

 

Tale disposto, ancora da chiarire, potrebbe aprire a delle possibilità prima non considerabili.

I razionali principali risultano i seguenti:

–    il riferimento al termine “facoltà” appare riferito, evidentemente, alla “rinuncia” parziale dell’esonero ex art 3 D.L. n°104/2020;

–    pertanto, dato che la “facoltà” può essere esercitata “anche” si è pacificamente voluta creare una seconda ipotesi, che consentirebbe di considerare una “frazione” del numero dei lavoratori interessati dal benefico (termine verosimilmente improprio visto che il beneficio, dato che stiamo trattando dell’esonero, è dell’azienda e non dei lavoratori).

 

L’assunto di tale disposizione porta a due interpretazioni possibili:

1)    introduzione di una possibilità che consenta di poter aumentare le maglie dell’esonero alternativo agli ammortizzatori sociali post 16.11.2020, verificando singolarmente quali lavoratori sono destinatari di integrazioni e quali no, permettendo dunque una ulteriore convivenza tra esonero e ammortizzatori anche post 16.11.2020;

2)    fermo restando l’esonero “parziale” di cui al primo capoverso del comma 15, si introduce una ipotesi alternativa di rinuncia parziale che non consideri i periodi temporali (ovvero che non consenta il recupero dell’esonero fino al 16.11.2020 – circostanza che si ribadisce non è ancora stata chiarita) ma che consenta di identificare i lavoratori interessati da ammortizzatori (esclusi) da quelli non interessati (sui quali è possibile sfruttare il beneficio alla condizione che abbiamo goduto di integrazioni nel periodo maggio – giugno 2020);

 

Sarà l’INPS, speriamo opportunamente e tempestivamente, a sciogliere i molteplici dubbi. Così come un ulteriore intervento risulterà necessario al fine di dirimere le conseguenze applicate anche della nuova previsione, ex commi 306 e seguenti della L. n°178/2020 i quali dispongono, come in precedenza:

–    una possibile richiesta di esonero, per un ulteriore periodo di otto settimane rispetto a quanto disciplinato dal decreto “agosto”, alternativo agli ammortizzatori sociali di n°12 settimane di cui alla legge di bilancio (questa volta da calcolarsi utilizzando le ore di integrazioni fruite nei mesi di maggio e giugno 2020 ma non raddoppiate);

–    la possibilità, anche in questo caso, di una rinuncia “parziale” dell’esonero del decreto “ristori” per quei datori di lavoro che volessero utilizzare le integrazioni salariali disciplinate dalla L. n°178/2020 (ovvero con decorrenza dal 01 gennaio 2021).

 

Il “come”, sarà da comprendere.

Autore: dott. Dario Ceccato

(CDL Co-Founder Ceccato Tormen & Partners, nonché Consulente Tecnico in materia di Lavoro per il Tribunale di Padova)