Vaccini, protocolli e luoghi di lavoro. Facciamo il punto.
La vaccinazione sta assumendo, come giusto che sia, un ruolo fondamentale per l’uscita dalla pandemia e per la ripresa di quella normalità che, a ben vedere, era sempre stata criticata in quanto oggetto di continue riforme (il che dovrebbe far riflettere). Ciò detto il mese di aprile ha visto un costante susseguirsi di provvedimenti, protocolli, sentenze proprio afferenti ai predetti vaccini.
Facciamo il punto.
In data 6 aprile è stato siglato il Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro.
La vaccinazione potrà essere somministrata, su base esclusivamente volontaria, nelle Aziende aderenti da parte di operatori sanitari adeguatamente formati ed eseguita in locali idonei. In alternativa, i datori di lavoro potranno ricorrere a strutture sanitarie private o dell’INAIL.
Non solo: E’ utile far presente inoltre che contestualmente è stato approvato il Protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, che modifica i protocolli condivisi del 14 marzo e del 24 aprile 2020.
Cominciamo dai piani aziendali di vaccinazione anti Covid-19.
Nell’ambito della più ampia azione di prevenzione e lotta al contagio da virus SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro, il Protocollo nazionale per le vaccinazioni in azienda punta al coinvolgimento delle realtà produttive presenti sull’intero territorio nazionale al fine di concorrere ad una veloce realizzazione della campagna vaccinale.
Le imprese potranno sostenere, in ossequio alle indicazioni fornite dal Piano vaccinale anti SARS-CoV-2/Covid-19, la campagna vaccinale in atto. Sono tre le opzioni per assicurare le vaccinazioni a tutti i lavoratori; si potranno organizzare le vaccinazioni direttamente nel luogo di lavoro da parte di datori di lavoro che, anche in forma aggregata, potranno chiedere il supporto delle associazioni di categoria, in alternativa si potrà ricorrere a strutture sanitarie private attraverso convenzioni, o alle strutture territoriali dell’Inail.
L’iniziativa di vaccinazione è rivolta a tutti i lavoratori, a prescindere dalla tipologia contrattuale che li lega all’azienda, nonché ai datori di lavoro o ai titolari d’impresa.
La vaccinazione non è obbligatoria e verrà pertanto somministrata solo a favore di lavoratrici e lavoratori che ne abbiano fatto volontariamente richiesta (il Protocollo sottolinea in più occasioni la natura volontaria dell’adesione all’iniziativa di vaccinazione aziendale).
I datori di lavoro interessati, indipendentemente dalla forza lavoro occupata, devono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2 (Covid-19) nei luoghi di lavoro.
L’iniziativa può essere intrapresa con il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento. Nell’elaborazione dei piani aziendali, i datori di lavoro sono tenuti ad assicurare il confronto con il Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole contenute nel Protocollo del 24 aprile 2020, come integrato dal Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro siglato il 6 aprile 2021, pur considerando la specifica realtà aziendale nonché le particolari condizioni di esposizione al rischio di contagio e con il supporto del medico competente.
Raccolte le adesioni dei lavoratori, i datori di lavoro, anche per il tramite delle rispettive Organizzazioni di rappresentanza, propongono il piano aziendale di vaccinazione all’Azienda Sanitaria di riferimento, specificando il numero di vaccini necessari.
In merito ai costi di realizzo, ivi inclusi i costi per la somministrazione, saranno interamente a carico del datore di lavoro.
Rimane a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti solamente:
· la fornitura dei vaccini e dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi);
· e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite.
Procedure
Le procedure avviate per la raccolta delle adesioni dei lavoratori interessati alla somministrazione del vaccino dovranno essere gestite non solo nel pieno rispetto della scelta volontaria del lavoratore, ma anche delle disposizioni in materia di tutela della riservatezza, della sicurezza delle informazioni raccolte, avendo cura di evitare ogni forma di discriminazione.
Importante risulterà essere il supporto fornito dal medico competente. Al medico competente spetta:
· informare i lavoratori sui vantaggi e sui rischi connessi alla vaccinazione e sulla specifica tipologia di vaccino;
· acquisire il consenso informato dei lavoratori che aderiscono all’iniziativa;
· effettuare il triage preventivo relativo allo stato di salute;
· registrare le vaccinazioni eseguite mediante gli strumenti messi a disposizione dai Servizi Sanitari Regionali
Il tutto tutelando la riservatezza dei dati dei lavoratori.
Il vaccino viene somministrato da operatori sanitari secondo le prescrizioni sanitarie adottate per tale finalità e in possesso di adeguata formazione per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 e viene eseguita in locali idonei.
Quale alternativa alla vaccinazione diretta, i datori di lavoro possono rivolgersi a strutture sanitarie private.
A tal fine, possono concludere, anche per il tramite delle Associazioni di categoria di riferimento o nell’ambito della bilateralità, una specifica convenzione con strutture in possesso dei requisiti per la vaccinazione, con oneri a proprio carico.
Resta sempre a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti la fornitura dei vaccini.
I datori di lavoro che, in base alle previsioni del T.U. della sicurezza sul lavoro (articolo 18 comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81), non sono tenuti alla nomina del medico competente o che non possano fare ricorso a strutture sanitarie private, possono avvalersi delle strutture sanitarie dell’INAIL. In questo caso gli oneri restano a carico dell’INAIL.
Il datore di lavoro direttamente, ovvero attraverso il medico competente ove presente, comunica alla struttura sanitaria privata o alla struttura territoriale dell’INAIL il numero complessivo di lavoratrici e lavoratori che hanno manifestato l’intenzione di ricevere il vaccino.
La struttura è tenuta a curare tutti i necessari adempimenti che consentano la somministrazione, ivi compresa la registrazione delle vaccinazioni eseguite mediante gli strumenti messi a disposizione dai Servizi Sanitari Regionali.
Ovviamente, diversamente non poteva essere, il tempo necessario per la vaccinazione eseguita in orario di lavoro è equiparato a tutti gli effetti all’orario lavorativo.
Non solo.
In data 12 aprile 2021 l’Inail, i Ministeri del lavoro e della salute, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e la struttura di supporto alle attività del commissario straordinario per l’emergenza hanno pubblicato il documento “Indicazioni ad interim per la vaccinazione Anti-Sars-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”, che dovrebbe fornire indicazioni in merito alla vaccinazione anti-COVID nei luoghi di lavoro.
Tale documento presuppone delle dotazioni molto specifiche in capo al datore di lavoro. basti pensare il punto 5 nel quale si richiedono “ ambienti idonei per l’attività, commisurati al volume di vaccinazioni da eseguire, sia per le fasi preparatorie (accettazione), sia per la vera e propria seduta vaccinale (ambulatorio/infermeria), sia per le fasi successive (osservazione post-vaccinazione). Resta inteso che gli ambienti dedicati all’attività, purché adeguatamente attrezzati, possono essere interni, esterni o mobili, in considerazione di specifiche esigenze di natura organizzativa. L’idoneità degli ambienti destinati all’attività è valutata da parte dell’Azienda Sanitaria che fornisce il vaccino”. Determinazioni che potrebbero rendere difficile l’attuazione del piano in azienda.
Non solo: il verificarsi di effetti collaterali nel caso di somministrazione del vaccino in azienda, deve considerarsi infortunio o malattia?
Questione NO VAX. È possibile licenziare?
Come noto, rimane sempre aperta la nota questione riferita a quali conseguenze incorre il lavoratore che non ritiene opportuno vaccinarsi (c.d. no vax).
Per quanto la materia sia ancora complessa, a fronte della pubblicazione dell’art 4 del dl 44/2021 (norma che riguarda l’obbligo di vaccinazione per il personale, anche autonomo, sanitario o collegato alla sanità) si ritiene che la possibilità di sostenere la legittimità di un licenziamento riferito al dipendente che non intende vaccinarsi, possa dirsi sfumata del tutto (anche dopo l’ordinanza del 19 marzo 2021 del Tribunale di Belluno la quale, a dirla tutta, non aveva mai esaminato la fattispecie del recesso ma solo quella della legittima collocazione in ferie del NO VAX).
Come noto l’art 4 del dl 44/2001 dispone, in estrema sintesi, come i datori di lavoro (e non solo) che occupino personale impiegato in servizi sanitari o socio sanitari debbano inviare una lista dei dipendenti alla Regione territorialmente competente affinché la stessa possa contattare i lavoratori per comprendere se siano stati vaccinati o per procedere alla loro vaccinazione (giacché l’inoculazione del vaccino è divenuta ” requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”).
Non solo. La norma in trattazione dispone l’esistenza di un esimente, avente porta limitata, di cui al secondo comma ovvero “solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita”.
La conseguenza quindi, dopo una procedura di rifiuto o presa d’atto della non vaccinazione del personale sanitario, è quella, identificata dal Legislatore, di:
impossibilità allo svolgimento della mansione (impossibilità giuridica, non contestabile);
adibizione ad un’altra mansione, non importa quale, con connesso trattamento economico (in deroga all’art 2103 c.c.);
Non solo. Se l’ipotesi di cui al punto 2 non fosse percorribile (non vi sono altre mansioni) è prevista una sospensione NON retribuita della prestazione fino al 31.12.2021 (termine massimo).
Ne deriva che il c.d. NO VAX, ovvero chi non vuole vaccinarsi, non potrà essere oggetto di licenziamento (quantomeno per il solo rifiuto al vaccino).
La tesi che si stava sviluppando in queste settimane è stata, secondo il nostro parere, di fatto depotenziata dato che la conseguenza per il personale sanitario NO VAX (ovvero per quei lavoratori maggiormente esposti al contagio, figurarsi per gli altri) è quella della sospensione fino al 31.12.2021 a meno che non vi sia un parere del medico che giustifica l’assenza del vaccino.
L’ipotesi del recesso non è stata contemplata. Non si ritiene sia una dimenticanza.
Autore:
Dr. Dario Ceccato – Co Founder CECCATO TORMEN & PARTNERS